Traduzione di Isabella Zani
Recensione di Linda Cester
“È strano, penso ora, il modo in cui se pure la mente dimentica, il corpo ricorda. Il modo in cui il corpo ricorda slegato dalla mente: il modo di stare-accanto o giacere-sotto o sedere-sopra o rialzarsi-da. Il corpo ricorda le preposizioni:la propria posizione in rapporto ad altri corpi. Le spalle sollevate, la voce abbassata. Il modo in cui ogni muscolo, lingua compresa, può irrigidirsi. O rabbrividire. Il modo in cui dopo che l’altro è scomparso il corpo prosegue: accanto, sotto, sopra, da. L’ombra, il fantasma, la traccia. Habitus: secondo natura, una memoria tanto profonda che il corpo ricorderà sempre.”
Raccontare un trauma, verbalizzare i ricordi, l’esperienza vissuta è un passaggio fondamentale per una vittima di abusi. Difficile, doloroso, lacerante, eppure necessario. Ma quanto e soprattutto come è possibile sopravvivere all’abuso, alla violenza prolungata? Quali le conseguenze reali, tangibili per la vittima? Come ritornare a vivere, a respirare, dopo un’esperienza devastante di violenza? Sono tanti i temi che emergono dal romanzo di Lacy M. Johnson, tante le riflessioni, le emozioni che questa lettura lascia nel cuore e nella coscienza. Una storia feroce, crudele, che lascia sgomenti quella di Lacy, sequestrata al solo scopo di venire barbaramente violentata e uccisa dall’ex compagno, che non accettava, dopo anni di abusi, che lei lo avesse finalmente lasciato. Il suo racconto è un vero e proprio viaggio nel trauma, nell’orrore più profondo, nelle pieghe più recondite della coscienza dove il dolore si annida nella sua forma più devastante. Un racconto che non segue una linearità, dove i ricordi, le sensazioni, i fatti, la storia nella sua completezza vengono presi in considerazione da punti di vista differenti, intrecciando il resoconto tecnico degli atti delle indagini al ricordo lucido fino a quello che diventa un flusso di coscienza, il racconto così come la vittima lo ha vissuto e percepito, accogliendo il lettore nel suo mondo interiore, consentendogli di immergersi nel suo personale percorso di vittima verso la consapevolezza del trauma e di sé in relazione ad esso. C’è davvero tutto in questo racconto, che diventa necessario non solo per chi lo narra ma anche per chi lo legge. C’è l’elaborazione consapevole del ricordo attraverso le sensazioni corporee, quando un odore, un colore, un’emozione riportano al trauma, alla verità di quello che è successo, perché il corpo non dimentica mai, nonostante la mente provi a farlo, cerchi naturalmente di fuggire dall’orrore, dal dolore lacerante che l’abuso reca con sé, distaccandosi da quell’esperienza e mettendo in moto meccanismi di negazione ed evitamento volti a isolare il ricordo in un angolo buio e inespugnabile, scollando così corpo e mente, per sopravvivere a quel senso di morte che accompagna ogni esperienza di violenza.
(la recensione prosegue a p.2)