Paola Cannas – Respiri e sospiri

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Questo libro l’ha scritto Paola Cannas, mamma di Marco Vichi. Ho ripreso la copertina dal  sito di Marco, dopo aver letto un post molto bello che lui ha scritto a seguito della scomparsa della madre. Ma questa non è una storia triste, è una storia bella di poesia. Un giorno la mamma di Marco gli aveva fatto leggere i suoi componimenti e lui, un po’ titubante e molto timoroso che non gli garbassero, li aveva letti. Gli erano piaciuti, invece, e aveva deciso di copiare tutte le sue poesie e di mandarle a un editore, senza dire di chi fossero davvero. Così è stato.  Felici di Pisa, ha pubblicato il libro e Marco scrive sul suo sito:  “Adesso che mia mamma non c’è più (se n’è andata il 17 marzo) mi sento in missione per promuovere il libro. Ho scelto un’associazione di amici, di cui mi fido completamente, che opera in Bangladesh, e così le poesie di Paola Cannas verranno trasformate in “bambini che sanno leggere e scrivere”. L’associazione si chiama Filo di Juta, www.filodijuta.it.”

Io ne ho lette tre, di poesie, e posso confermarvi che sono bellissime. Concrete, sagge, toccanti, immediate. Eccone una, per esempio:

Gli amici

I vivi ormai
più non ti stanno accanto
e non ti fanno compagnia;
invano cerchi di fermare
il loro sguardo su di te,
stringere la loro mano nella tua.

I loro occhi volgono altrove,
si chiudono le dita su se stesse,
la fretta allontana i loro passi.

Ma ecco sulla sponda del tuo letto,
siedono, sorridendo,
i morti,
che pazienti ascoltano
ogni voce del cuore.

Dolce è la compagnia di chi non ha più fretta.

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Ho fatto a Marco Vichi (nella foto sopra da piccolo, in braccio alla mamma Paola) alcune domande su di lei, sul libro e sul loro rapporto.

Ecco cos’ha risposto.

Hai scritto sul tuo sito: “Vi racconto una storia: una signora di ottantaquattro anni, che già da molto tempo mi domandava senza troppa insistenza se volessi dare un’occhiata alla sue poesie, un giorno mi chiese con più convinzione di leggerne almeno una, così, solo per farle un favore, e se poi non mi fosse piaciuta non mi avrebbe mai più scocciato. Eravamo a pranzo in un bel ristorante, al mare, in estate. Lessi la prima poesia, e rimasi di sasso: era bellissima, semplice e profonda, e il ritmo delle parole dava forza ai significati e alle emozioni. Insomma una vera poesia. Lessi le altre. Avevano la stessa forza e la stessa delicatezza, erano sincere, senza virtuosismi. Era il tipo di poesia che avrei sempre voluto scrivere, anzi che avevo provato a scrivere, con risultati pessimi”. Quella signora era tua mamma, Paola Cannas. Tu cosa le hai detto, subito dopo?

Le dissi subito che erano poesie molto belle e che le avrei proposte a un editore. Lei si mise a ridere, dicendo che stavo esagerando…

E lei come ha reagito alla tua approvazione?

Era contenta ma anche stupita, non sperava che mi piacessero.

Che rapporto c’era tra voi? O meglio: che tipo di madre era?

È stata una mamma molto poco apprensiva, anche se assai presente. Ma quando i figli crescono i rapporti cambiano completamente. Negli ultimi anni ero il suo punto di riferimento, per ogni cosa mi telefonava.

E tu che tipo di figlio eri?

Dipende dai periodi. Abbiamo avuto anche molti contrasti, come è normale, soprattutto durante la mia adolescenza, un’età che richiede un estremo bisogno di bersagli da colpire per liberarsi dalla dipendenza dell’infanzia, per crescere sani. Dunque cose normali, nessuna vera “guerra”. Comunque sia, il tempo che passa e l’età che avanza sono capaci di far dimenticare ogni antica ruggine. Una cosa è certa, ci volevamo e ci vogliamo molto bene.

Dici anche, a proposito delle sue poesie: “Non sarei mai stato capace di fingere, di lusingarla solo per farla contenta. Non riesco a mentire, nel campo della scrittura. Nemmeno a mia mamma. E invece scoprii che mi sbagliavo, che mi ero sempre sbagliato. Quel giorno decisi di copiare tutte le sue poesie e di mandarle a un editore, senza dire che erano di mia mamma”. Così andò in stampa Respiri e Sospiri, edito da Felici. Dalle tue parole sembra che tra voi corresse un filo diretto, sbrogliato da ipocrisie e complicazioni…

Mentire alla propria mamma è normale, direi fisiologico. Si mente per senso di protezione (nei due sensi), o magari per non ferire la sensibilità di una donna che appartiene a un’altra generazione. Ma in tutto questo c’è anche molta sincerità. Le relazione affettive sono dei patti non scritti, silenziosi, addirittura misteriosi, dove l’unica vera sincerità sta nel sentimento. Mia mamma di certo era molto sincera, ma anche lei avrà nascosto verità che mi avrebbero turbato. Le sono grato anche di questo.

Lei ti intuiva bene? 

Ho sempre pensato di sì, che in fondo riuscisse a vedermi com’ero.

E i tuoi libri, li leggeva?

Li leggeva, ma il suo giudizio è cambiato negli anni. Quando le regalai L’inquilino, dopo aver letto poche pagine mi telefonò allarmata: “Marco, ma è un libro osceno…” Che tenerezza. Poi nel tempo, dopo che tutte le sue amiche le parlavano dei miei romanzi, si è ammorbidita. “Non pensi che se un giovane legge queste cose possa esserne turbato?” Ma la frase che più mi divertiva era: “Tu sei un truffatore, scrivi in modo che chi ti legge non riesca a smettere…”

Non so perché, ma ho la sensazione che sia anche merito suo se tu hai una particolare passione per la storia del Novecento… mi sbaglio?

In famiglia mia il “racconto” del passato è sempre stato molto importante. Sia lei che mio padre raccontavano spesso a tavola aneddoti familiari, e per me era una grande emozione immaginare scene del passato attraverso le loro parole. Mi piace pensare che la mia passione per la narrazione venga proprio da questo.

Ti raccontava le sue esperienze del passato? Ce ne riporti una?

Mia mamma raccontava spesso, anche negli ultimi mesi, aneddoti di quando era bambina e ragazzina, e spesso erano storie vissute durante la guerra. Una volta, da sfollati, in fondo a una damigiana di olio (quasi certamente comprato al mercato nero) trovarono un topo morto. Suo padre disse a tutti che in farmacia gli avevano dato un prodotto per ripulire l’olio, ma mia mamma diceva che forse si era inventato quella storia per non impressionare sua moglie, che era molto schizzinosa. Comunque, da quel giorno in famiglia divenne consueta l’espressione: “l’olio del topo.”

Chi ha scelto il titolo della raccolta, “Respiri e sospiri”?

È stata mia mamma. Ha seguito insieme a me la lavorazione del suo libro, con grande pazienza e con modestia. Le ho chiesto cosa le sarebbe piaciuto mettere in copertina, e mi disse . “Un’onda del mare”. E così ho chiamato la mia cara amica bravissima pittrice, Sara Falli, per commissionarle il disegno, che a mia mamma piacque subito. Chiesi a mia mamma anche se volesse un’epigrafe, e dopo un po’ mi disse che le sarebbe piaciuta la frase di Cicerone: “La vita non è nulla senza l’amicizia.” Ha deciso tutto lei, ha anche fatto cancellare un paio di poesie perché “troppo melense”. Colgo l’occasione per ringraziare la gentilissima Enneli, che ha corretto le bozze per due volte, e Simone Sacco, collaboratore dell’editore Felici e diventato ormai un amico, che ha curato e seguito il libro con professionalità e passione.

Della raccolta di poesie, ci riporti il verso che più ti è rimasto dentro.

Le poesie non andrebbero smembrate, e devo dire che la scelta sarebbe davvero difficile. Provo a ricordare tre versi: “Ma ecco sulla sponda del tuo letto, siedono, sorridendo, i morti…”, “Mi ero scordata di essere niente.”, “E i secoli son nulla.”

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2 risposte a Paola Cannas – Respiri e sospiri

  1. concetta quercia ha detto:

    Sicuramente deve essere stata una semplice ma grande madre…….

  2. libroguerriero ha detto:

    condivido il tuo pensiero, Concetta…

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