MARIA GIOVANNA LUINI

ATTIVITA’: scrittrice e comunicatore scientifico (medico)
SEGNI PARTICOLARI: erre blesa
LA TROVATE SU: http://www.mariagiovannaluini.it

In “Ritorno ai delfini” (Edizioni Creativa, 2012), Lucia vive su una vecchia barca bianca. La sua vita poggia sulla scrittura: i libri che pubblica le hanno portato notorietà e l’hanno aiutata ad affrontare i traumi più tragici del passato. La scrittura e la pubblicazione come catarsi?
Catarsi, sostegno, sfogo, elaborazione profonda di traumi e ricordi. Prende il dolore e lo trasforma, solo così può eliminarne la parte tremenda. In Lucia è molto evidente. La scrittura le è propria da sempre ma esplode quando la vita colpisce duro. Accade spesso nelle persone colpite da una malattia grave, poi la differenza sta nel prodotto della scrittura. Ciò che nasce dalla scrittura catartica e terapeutica non è sempre da divulgare come testo letterario, secondo me.

Se ti chiedessi un sottotitolo al libro?
L’amore trova sempre una strada. Oppure: Il risveglio.

“La ricerca felice” (Brioschi, 2011): con questo saggio non hai voluto accantonare gli episodi di malasanità, hai piuttosto puntato l’attenzione sulla credibilità di cui gode la sanità italiana, l’attenzione alle esigenze di cura di ogni paziente, al di là della condizione sociale ed economica. Perché spesso i media additano invece le mancanze?
In parte è giusto. Il dovere dei media è l’informazione e le mancanze nella sanità esistono. Oltretutto la positività non fa notizia, a nessuno viene in mente di mostrare un servizio su ciò che funziona (è la logica della comunicazione). Casomai potrei chiedermi come mai non si punti mai l’attenzione sulle mancanze della sanità straniera, che hanno la medesima percentuale nei Paesi più industrializzati e tecnologicamente avanzati. Pensiamo all’errore medico, spesso oggetto di attenzione da parte dei media. E’ giusto che il medico senta addosso la pressione della gente, può sbagliare come tutti ma deve essere consapevole che il comportamento ha una conseguenza. Forse sai che nel mio passato c’è la consulenza e il contributo di scrittura alla sceneggiatura di “Crimini bianchi”, Taodue, una fiction sull’errore medico. E’ stata una fiction con scarsa audience, odiata dai medici. In media non ne hanno capito lo spirito, che non era la criminalizzazione ma l’analisi di ciò che accade in un (vero o presunto) errore medico o nell’accusa a vuoto da parte di pazienti. Perché è vero che alcuni errori non ci sono, si sta andando rapidi verso la medicina difensiva (tremenda nemesi) perché esiste una facilità di accusa incredibile. Un mio collega è stato messo su un quotidiano con fotografia enorme quando un paziente lo accusava, quando poi è stato dichiarato del tutto innocente il trafiletto era grande quanto un’unghia. Con “La ricerca felice” e “Crimini bianchi” ho voluto approfondire la luce e l’ombra della sanità e della ricerca (puntualizzo che in “Crimini bianchi” ho messo anche un errore grave che ho commesso io, volevo che fosse anche per me un confronto utile alla mia vita). La ricerca oncologica e l’attività quotidiana di medici e ricercatori in Italia hanno l’eccellenza, ed è pienamente meritata: non si giustifica lo scetticismo a priori di chi cerca immediatamente una soluzione fuori dai confini nazionali. E’ triste, dispendioso e inutile che dopo una diagnosi di tumore si dia per scontato che si debbano affrontare viaggi “della speranza”, è davvero tragico. Alcune scoperte mondiali sono state fatte proprio in Italia, e il livello della cura è altissimo. Inoltre i centri internazionali sono in contatto con l’Italia, le equipe sono internazionali: se vedo che un paziente ha bisogno di una cura speciale che al momento esiste solo in un altro Paese mi attivo subito per contattare i colleghi stranieri e inviare il paziente.

Della ricerca medica in Italia, cosa pensi?
I ricercatori sono in gamba, hanno creatività. Hanno fantasia e questo li distingue dagli altri in tutto il Mondo. Gli italiani sanno trovare soluzioni, inventarsi percorsi, immaginare ipotesi, di fronte alle criticità se la cavano alla grande. E hanno una preparazione eccellente. Peccato che in Italia siano pagati pochissimo, ancora le nomine siano basate su logiche che poco hanno a che fare con il curriculum e la preparazione, e gli investimenti in ricerca siano scarsi. Anni fa ho lavorato in Belgio in un centro avanzato di ricerca a Leuven, meno male che il rientro è stato in IEO altrimenti il mio curriculum non avrebbe garantito alcuna certezza lavorativa. In pratica, all’estero il curriculum che ti costruisci lavorando e studiando conta tantissimo, in Italia devi rivolgerti ai centri di eccellenza oppure alle strutture che hanno capito come si fa a tirare su una squadra che funzioni. E sui fondi avrei molto da dire. Dovremmo ogni giorno ringraziare Enti e Fondazioni (AIRC, per esempio) che garantiscono la continuità della ricerca e gli stipendi a tanti ricercatori!

Come vedi la sanità nel futuro prossimo?
A rischio la qualità dei servizi e della ricerca per scelte economiche “alte” e oggettive difficoltà. A rischio l’equità di prestazioni, come conseguenza delle difficoltà economiche e della riorganizzazione in aziende. Sai che ormai parliamo di aziende, e non a caso. Ospedali e centri di ricerca hanno dovuto e voluto trasformarsi in aziende. Non dubito che fosse necessario, ma la burocratizzazione è inquietante. Ruoli come medico e infermiere hanno ormai una grande parte di burocrazia e managerialità che da un lato possono essere “al passo con i tempi”, dall’altro rallentano, frantumano il rapporto di fiducia con i pazienti, limitano le possibilità di interazione. Non dimentichiamo che sul campo, a contatto diretto con la gente che sta male, esistono necessità ed eccezioni, si deve mettere il cuore insieme alla competenza. Penso ai servizi agli immigrati clandestini, al dovere di informazione e prevenzione da garantire a tutti, alle prestazioni urgenti e in emergenza. Scienza, etica e cuore. Questa è la nostra medicina. Invece di avere manager al servizio dei pazienti (come dovrebbe essere), quindi anche a disposizione dei medici e infermieri, abbiamo medici e infermieri che devono essere a disposizione dei manager (non dei pazienti). Esagero? Forse. Vedremo tra un po’.

Una questione su cui io e te ci siamo già confrontate, ma te la richiedo perché è un argomento a cui entrambe teniamo molto. Le donne e la scrittura. Le donne e il lavoro, in generale. Esistono le stesse possibilità e opportunità rispetto agli uomini?
No. Avevi ragione tu. Quando hai sollevato il problema insieme a Laura Costantini ho dato una risposta che al momento ritenevo vera. E ho dimostrato con chiarezza che la verità è difficile da comprendere, almeno per me. Nella mia altalena percettiva credevo che la difficoltà femminile fosse (quasi) tutta nella testa delle donne e non avesse elementi oggettivi. Poi l’attacco di buonismo mi è passato e ho rivisto le mie idee. L’attività di scrittura della donna “deve” avere limiti e ambiti, per definizione. La donna che esca dagli ambiti scontati di stile e argomento è giudicata e limitata nelle possibilità, e comunque esiste un confine preciso entro cui può muoversi. Se va oltre trova cancelli chiusi o semichiusi. Nel lavoro medico sono fortunata: sono senologa e responsabile della comunicazione scientifica del mio istituto (IEO a Milano), la visione è internazionale. In IEO abbiamo una pluralità di direttori uomini/donne, manche se mi aspetto in futuro una proporzione più equa. IEO ha qualche donna direttore di unità, questo è bellissimo, e si tratta anche di donne chirurgo (per l’Italia è notevole). Nel mio ambito di professione comunicativa (divulgazione scientifica) devo ancora verificare se sia possibile lo sfondamento del tetto di cristallo. Le parole di parità ci sono, qualche segno concreto anche, attendo i fatti reali. Anche qui la donna ha da dimostrare tre volte tanto. Ma sono fiduciosa, so che esistono le premesse per l’evoluzione.

Due tuoi pregi e due difetti
Difetto uno. Volubile. E’ un difetto visibilissimo, anzi potrei dirti che l’unica costante della mia vita è che sono volubile.
Difetto due. Golosa.
Difetto tre. Ipersensibile. Ne metto tre perché sono davvero evidenti.
Sui pregi riferisco i più gettonati. Generosa e sensibile.

I tuoi maestri
In medicina: mio padre Abele, mio marito Alberto e Umberto Veronesi.
Nella scrittura Simenon nei romanzi-romanzi, Christine Angot e ogni autore io abbia letto, ogni collega scrittore abbia frequentato anche una volta sola. Ho tanti amici scrittori, sono sempre maestri perché mi aiutano a confrontarmi e capire, a migliorare se posso. E anche mio marito, che tempo fa mi disse: “Se vuoi che la scrittura sia professione devi trattarla come tale. E’ uguale alla chirurgia: richiede impegno, tempo di esercizio e serietà”.
Qualche editore, anche. Non necessariamente miei editori.
Un maestro assoluto si chiama Andrea Mauri, il mio amico con la sindrome di Down. E’ saggio e capace di insegnare l’amore puro.

L’ultimo viaggio
Sono sempre in viaggio per lavoro (scrittura e comunicazione scientifica). Roma è la mia seconda città, vale come viaggio? Venezia, Praga, Vienna, Ponza, Napoli.

L’ultima malinconia
L’ambulatorio di oggi. Una donna nata nel 1976, mamma di un bambino piccolo, è entrata per un controllo, appena ho dato un’occhiata ai suoi esami ho capito che le avrei cambiato la vita. Non avrei voluto farlo. In trenta secondi ho dovuto organizzarmi mentalmente per scovare il modo migliore per dirle che ha un tumore al seno bilaterale.

L’ultima risata di gusto
Con un amico al telefono.

L’ultima volta che ti sei arrabbiata
Ieri. Ma confido di riuscirci anche oggi, sono Pesci ascendente Pesci quindi il mio umore cambia nel volgere di istanti.

L’ultima volta che ci hai ripensato
La mia mente ripensa troppo. Troppo troppo. Sto provando a darle un limite. Deve pensare, non ri-pensare.

Cosa non sopporti in generale?
L’ipocrisia. E’ faticosa e non necessaria. E le riunioni, per il medesimo motivo. L’eccesso di telefonate senza preavviso. La noia. La paura.

Cosa invece ti piace molto?
L’amore, il sesso, la scrittura e il cibo.

Cosa stai scrivendo ora?
Un romanzo ambientato in un istituto oncologico. Mai avrei pensato di farlo, anzi negavo di volere mischiare le due professioni. Poi le due professioni sono diventate così simili dal punto di vista della potenza comunicativa (e compenetrate) che ho abdicato. Dopo la curatela di “Longevità” di Umberto Veronesi (Bollati) che esce il 16 febbraio mi sono buttata nel romanzo. Alla proposta di un editore ho risposto va bene, ci provo. Sto scrivendo una storia che ha dentro medici, pazienti, infermieri, gente di ogni tipo, malattia, amore, speranza, terrore, salute… Il panorama quotidiano, insomma. E c’è anche la medicina integrata, mia passione: una spolveratina di cure energetiche (anche se non so quanto riuscirò a farle restare nella trama).

“I racconti delle bacche rosse” (Lampi di stampa) è una tua raccolta di fiabe. Salutaci con un incantesimo.
Esiste una bacca del vostro colore preferito, ce l’avete a portata di mano. Dona la visione di Dio. Mettetevi in pace e silenzio e afferratela. Scoprirete che Dio è dentro di voi e la morte non esiste.

E adesso salutaci tornando dai delfini.
Luce a voi. A te un abbraccio speciale, ti sono grata per questa intervista e ti stimo come donna e scrittrice.

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3 risposte a MARIA GIOVANNA LUINI

  1. Pingback: tre o quattro righe, intermezzo | Il blog di MariaGiovanna Luini

  2. Marika Z. ha detto:

    La ricerca in Italia purtroppo è a rischio. I giovani sono costretti a prendere il volo e esplorare terre lontane per dar credito, giustamente alla propria pancia e alle proprie tasche!
    Per quanto riguarda il libro, faccio i miei complimenti all’autrice che è riuscita a catturare la mia attenzione!

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