LILLI LUINI

ATTIVITA’:   non sa fare altro che leggere (definizione della mamma)

SEGNI PARTICOLARI:   convinta di avere trent’anni, e si vede (che è convinta)

La TROVATE SU:

http://www.lanteriluini.it/

http://www.leggendoscrivendo.it/AUTORI2/LANTERILUINI.html

https://www.facebook.com/lilli.luini

Le tue origini e la tua città

Sono nata a Varese, ma vivo da sempre sul Lago Maggiore, tra Angera e Taino. Famiglia varesotta, di quelle stanziali che al massimo si spostano in provincia. Io sognavo l’altrove, e a dire il vero lo sogno ancora. Infatti i miei figli ci sono andati, altrove.

Cosa rispondevi da piccola quando ti chiedevano che lavoro volevi fare?

A sei anni l’architetto, a dieci la giornalista, a quattordici il neurochirurgo.

E adesso cosa dici?

Che da pensionata voglio fare lo scrittore.

lilli

Hai pubblicato per Editrice Nord “La cappella dei penitenti grigi”, scritta insieme a Maurizio Lanteri (nella foto sopra). Il plot del romanzo in dieci parole.

Professore di storia incontra una rossa e finisce nei guai.

Avete scelto di ambientare il mistero nella suggestiva cittadella medievale di Aigues-Mortes: cosa vi ha colpiti di questo luogo?

C’è una strana magia. Su quelle mura, se ascolti, senti l’eco dei secoli che sono passati, della gente che è stata lì, ha combattuto, sofferto. E appena più in là, senti le strida dei fenicotteri e l’odore della lavanda. C’è la natura selvaggia, incontaminata ma allo stesso tempo c’è l’impronta dell’uomo, il suo passaggio.

Scrivere a 4 mani è una bella scommessa: come avete proceduto metodologicamente?

Noi tramiamo al telefono. Ci raccontiamo i personaggi, i loro background, inventiamo e così l’idea buona, quella che manda la storia nella direzione giusta, salta sempre fuori. Poi si prosegue come se fossimo un unico scrittore: Maurizio scrive al mattino, quando finisce il suo tempo a disposizione chiude il file. Io me lo scarico appena torno dal lavoro, alla sera, leggo le parti nuove (ed è bellissimo, perché comunque è come leggere un libro di cui non vedevi l’ora di conoscere il seguito) e proseguo.

Cosa vi inquieta e cosa vi stuzzica l’interesse rispetto ai Penitenti Grigi, elementi della congrega trattata nel libro?

La stessa caratteristica inquieta e stuzzica: l’ossessione per l’anonimato, che pervade tutta la loro storia e prosegue ancora oggi. E’ vero che chi fa del bene molto spesso vuole rimanere anonimo, ed è giusto così. Ma ovviamente uno scrittore di gialli con queste cose ci va a nozze.

Le difficoltà della pubblicazione.

Non abbiamo mai incontrato difficoltà a pubblicare, le difficoltà sono venute dopo. La prima esperienza è da dimenticare. Il libro – si intitolava La casa del priore – in pratica non esisteva, le poche librerie che lo ordinavano sudavano le proverbiali sette camicie per averlo.  Persino IBS rispondeva che era impossibile averlo. Ti demoralizzi. Poi al primo libro ci arrivi con tutte le tue belle illusioni o quasi. I rapporti con l’editore sono arrivati alla rottura, ho dovuto rivolgermi a uno studio legale e francamente avevo deciso di non pubblicare più. Poi le cose sono via via migliorate. Il secondo, Non tornare a Mameson, era facilmente reperibile, in Liguria addirittura era nelle vetrine.

Secondo te com’è la situazione editoriale in Italia dal punto di vista degli editori?

Non credo se la passino bene. Lo so che non è bello, ma sono realista: per poter campare anche gli editori devono vendere i loro prodotti. La letteratura di consumo assolve questo compito. Tuttavia, rispetto a 30 anni fa, quando sotto l’ombrellone leggevamo Judith Kranz e Wilbur Smith, la qualità è decisamente peggiorata. La colpa è al 50% tra lettori che chiedono prodotti mediocri, di facilissimo consumo, ed editori che non si sforzano di svolgere anche un’azione di educazione alla lettura.

L’ultima volta che ti sei arrabbiata

Dipende dal significato del termine. Mi capita di arrabbiarmi, ma molto difficilmente di diventare una furia e perdere il controllo. L’ultima volta è stato almeno tre anni fa, quando mio figlio ha portato il mio portatile in bagno e l’ha fatto cadere rompendo lo schermo.

L’ultima volta che hai tentato inutilmente

Quando ho cercato di convincere il nostro editore di allora a credere nel nostro secondo romanzo,  Non tornare a Mameson, e ristamparlo. Pazienza. Da allora ho imparato che è saggio chi, davanti a una causa persa, non insiste.

L’ultima volta che hai tentato con successo

Quando mi ha contattato per la prima volta quella che oggi è la nostra agenzia letteraria, chiedendo un incontro. Ho accettato, anche se non avevo nessuna informazione su di loro.

L’ultimo bacio

Ah questa è facile. Stamattina. Mio marito e io non ci separiamo mai senza un bacio.

L’ultima parolaccia

Un paio d’ore fa ho lanciato un c… ma molto, come dire?, sorridente. Mi ero dimenticata di cambiare il disco orario dell’auto. Non ho preso la multa, ma comunque per queste cose non mi arrabbio mai.

L’ultima volta che hai scosso la testa

Non me lo ricordo… magari ho risposto di no a qualche domanda, e ho accompagnato con il gesto. Scuotere la testa in segno di compatimento invece non mi è usuale. Non sono una che compatisce.

L’ultima risata

Stamattina in macchina, mentre parlavo con il mio socio di scrittura. Lui aveva letto i paragrafi che ho scritto ieri sera e ovviamente avevo inserito un trabocchetto-scherzo per lui. Lo fa anche lui con me, per vedere e sono attenta. Ne escono sempre degli scambi di battute rilassanti.

Due pregi e due difetti

Sono pigra e spendacciona. A volte non capisco come mio marito riesca a non arrabbiarsi mai. Pregi? Sono onesta e disponibile. A volte anche troppo, al punto che mi chiedo se non sia una forma di narcisismo. Una delle battute più frequenti dei miei amici è “piantala di fare la Madre Teresa”.

Progetti?

Uno solo, in questo momento. Arrivare alla fine del nuovo romanzo. Poi ce ne sarebbero tanti, tipo andare a New York e in tanti altri posti.

Salutaci  in francese, lingua che ormai conoscerai benissimo, dopo esserti documentata a lungo nel sud della Francia

Au revoir, à bientôt! Et merci beaucoup. Ho praticamente esaurito il mio vocabolario… e pensa che una volta lo parlavo benissimo.

E adesso salutaci come ci saluterebbe un Penitente Grigio

Non saluta, il penitente grigio, secondo me. Al limite fa un cenno con la testa ed è difficile accorgersene, perché il vero penitente grigio ha la cagoule, cioè il cappuccio con solo i buchi per gli occhi J

Questa voce è stata pubblicata in interviste, Uncategorized e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

4 risposte a LILLI LUINI

  1. nicoletta sipos ha detto:

    bella intervista, come al solito. Questa coppia di soci di scrittura sono davvero simpatici e, a quanto risulta, efficaci

  2. Patrizia Debicke ha detto:

    Viva la bravissima Lilli

    ________________________________

  3. eleuterio urgnani ha detto:

    Un’intervista interessante. Rispecchia molto il carattere volitivo e determinante della Luini.
    Scrivere in coppia, richiede, altruismo e disponibilità di spessore. Complimenti.

  4. libroguerriero ha detto:

    grazie, ragazzi/e. Lilli è una persona davvero in gamba e piacevole, oltre ad essere una brava scrittrice!

Lascia un commento