“Le lunghe ombre fredde” di Eraldo Baldini (Rizzoli)

#grandangolo di Marco Valenti

A cinque anni di distanza da “La palude dei fuochi erranti” Eraldo Baldini mette temporaneamente da parte la saggistica, e torna alla narrativa. È infatti in libreria da inizio Aprile “Le lunghe ombre fredde”, romanzo che ci riporta al Baldini che conosciamo.

Fausto è un soldato italiano catturato nei Balcani e deportato nel campo di Mauthausen. Birgit è una detenuta politica tedesca, anche lei internata nello stesso campo di concentramento. I due si conoscono sul finire della guerra, quando termina la loro prigionia grazie all’intervento delle forze alleate. Pur non sapendo praticamente nulla l’uno dell’altra, decidono di scappare insieme in Italia, per provare a rifarsi una vita.

Ci riusciranno ampiamente, costruendo dal nulla una nuova speranza di vita, fatta di piccoli gesti, di amore, di silenzi, di distacco dalla comunità, eretta intorno ai figli che arriveranno copiosi. Il tutto sublimato dalla decisione di fortificare la famiglia all’interno della zona più paludosa del ravennate che si apre sull’Adriatico. Una scelta voluta, sicuramente, ma anche necessaria, dal momento che si tratta di una famiglia, la loro, “mista”, e i tedeschi nel dopoguerra in quelle zone non sono proprio ben visti.

“Giorni da dimenticare, insomma, ma che continuavano a influire e a pesare in qualche modo su tutti noi. Da quel passato, probabilmente, era derivata pure la scelta – non so se ponderata o semplicemente accettata quale male minore – di andare a vivere in un posto fuori mano e scomodo, una casa ampia ma sconnessa e fradicia, anche se rattoppata alla meglio, in mezzo alle paludi, là dove non abitava nessun altro, dove si arrivava da un lato con una strada sterrata e dagli altri con carraie e sentieri che si snodavano su argini stretti o in bassure affogate nella vegetazione, pronte a trasformarsi in fiumi di melma. Dove non c’erano vicini e non si sentivano voci umane; dove si rimaneva a lungo perduti in un oceano di umidità e di nebbia o di calore e di zanzare, a seconda delle stagioni. il paese, che era distante meno di due chilometri dalla nostra abitazione, visto dalla palude pareva appartenere a un altro continente e persino a un altro tempo.”

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