Sul comodino della Rambaldi
Maurizio de Giovanni ha pubblicato per Rizzoli: Il resto della settimana, I guardiani, Sara al tramonto, Le parole di Sara, Una lettera per Sara, Gli occhi di Sara e l’antologia Sbirre con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Ha inoltre creato le serie bstseller del commissario Ricciardi, dei Bastardi di Pizzofalcone e di Mina Settembre. Il suo ultimo libro è L’equazione del cuore (Mondadori).
“Dubito che Andrea voglia sapere qualcosa da te, Bionda. Credo piuttosto che voglia dircela.”
Andrea annuì soddisfatto, come un maestro davanti a una scolara perspicace:
“E tu come fai a dirlo, Mora? Sentiamo”.
“Primo, l’atteggiamento: hai l’aria di aver fatto una scoperta e fremi per rivelarcela. Poi, il tablet: vuoi mostrarci qualcosa, perché se avessi voluto solo farcelo ascoltare avresti portato un semplice registratore. Terzo deve trattarsi di una faccenda che riguarda in qualche modo il nostro passato: altrimenti non avrebbe avuto senso chiamare anche me. Devo andare avanti?”
Sara Morozzi, detta la Mora, vede quel che non si vede, legge le labbra e interpreta il linguaggio non verbale. Per lei gli altri non hanno segreti: smorfie, espressioni, posture e gesti compongono i segni di un alfabeto che solo i suoi occhi possono decifrare. È un’ex agente di polizia, figlia di poliziotti, nipote di poliziotti, reclutata alla fine degli anni ‘80 dall’Unità di intercettazione e ascolto dei Servizi, che ha vissuto una passione di trent’anni per il suo capo Massimiliano Tamburi, l’uomo per cui ha abbandonato il marito e un figlio piccolo. Peccati ampiamente scontati con grandi sofferenze dopo la morte di Massimiliano, deceduto per un male incurabile, e del figlio Giorgio, scomparso in un misterioso incidente.
Ora Sara è una donna invisibile che non si trucca, non porta tacchi alti, e non tinge i capelli bianchi. Una donna che vive solo per gli affetti rimasti: la nuora Viola e il nipotino, e per la cosa che sa fare meglio, indagare su quel che sembra chiaro a tutti ma non lo è.
Stavolta è chiamata a investigare su un piccolo aereo da turismo diretto in Sardegna sprofondato nel Tirreno. Un disastro imprevedibile viste le ottime condizioni dell’apparecchio, del meteo e del pilota. A ventisette minuti dalla partenza il comandante Stefano Tomassi fa appena in tempo a segnalare lo spegnimento del motore di sinistra, seguito a ruota da quello di destra che una serie di cicalini cominciano a suonare. Tomassi riesce solo a ordinare ai passeggeri di indossare i giubbotti salvagente e l’apparecchio precipita tra urla e pianti.
(la recensione prosegue a p.2)