Recensione di Patrizia Oliva
In una Venezia settecentesca, siamo nella torrida estate del 1729, vengono consumati due efferati delitti la cui matrice sembra la medesima. “Due buchi perfettamente tondi e sanguinanti gli deturpavano il collo. Erano stranamente regolari, come se a produrli fossero stati due coltelli da scaleo. Ma nessuno sarebbe stato in grado di operare con tanta precisa ferocia” e un biglietto fissato al petto con scritto il nome “Canaletto”.

Le massime autorità della Serenissima dispongono che Giovanni Antonio Canal si appresti subito a svolgere un’indagine che si rivelerà colma di misteri, intrighi, misfatti, crudeltà raccapriccianti.
Principale indiziato risulta essere un personaggio già noto, un feroce, spietato, pericoloso assassino, che già quattro anni prima era stato al centro delle inchieste del nostro Canaletto (Il cimitero di Venezia).
Non mancano colpi di scena che stimolano il lettore a proseguire nella lettura, pagina dopo pagina, per arrivare al dipanarsi della vicenda, come, ad esempio, un incendio che devasta la città e la rivelazione di un’antica, angosciosa leggenda che pare dare una svolta diversa alle ricerche del nostro illustre investigatore.
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