RADIOGRAFIA DI UN’INDIPENDENZA: LEE MILLER DA MUSA A FOTOGRAFA

Sperimentare con la fotografia attraverso l’irriverenza surrealista le permise anche di effettuare giochi inediti con il bianco e nero: fu infatti grazie a una sua scoperta casuale che la tecnica della solarizzazione ‒ finora erroneamente attribuita a Man Ray ‒ vide la luce, trovando spazio in alcune celebri fotografie come quella de Il Bacio sopra citata o in Electricité (1931). La mostra Lee Miller Man Ray. Fashion. Love. War, in corso a Venezia al palazzo Franchetti fino al 10 aprile 2023, rende finalmente giustizia alla figura di Miller e alla sua carriera di fotografa fianco a fianco di Man Ray quale soggetto osservante, e non come mero oggetto osservato, dando inoltre spazio anche ai periodi artistici successivi a quello del connubio con il celebre fotografo.

Prendendo spunto da una frase pronunciata da Miller stessa ‒ I would rather take a photograph than be one (preferisco fare una foto che essere una foto) ‒ la mostra ripercorre la carriera indomita e senza compromessi di Miller, da modella scoperta per caso negli anni ‘20 a New York dal direttore di Vogue, Condé Nast, mentre attraversa una strada a Manhattan, ad autrice di ritratti “elettrici” fra Parigi e New York negli anni ‘30 ed esploratrice di paesaggi abbacinanti in Egitto, dove la fotografia si trasforma in “surrealismo nomade” (Patricia Allmer), tattica di resistenza a strutture chiuse e monolitiche ‒ celebre il suo Portrait of Space (Ritratto di uno spazio, 1937), che ispirò Magritte per il quadro Le Baiser (Il bacio, 1938). Dopo aver attraverso la tumultuosa avventura liberatoria del surrealismo e la giocosità dada, passando per il fascino sognante dell’Egitto, Miller reinventò nuovamente se stessa, diventando fotografa di moda ma entrando inoltre nel vivo della Storia come corrispondente di guerra, osservatrice della devastazione causata dal Blitz a Londra e di raggelanti momenti legati al crollo del nazismo. Simbolo della fine della guerra diventerà il suo autoritratto(scattato in collaborazione con David E. Scherman) In Hitler’s bathtub (Nella vasca di Hitler, 1945), dove Miller oppone agli orrori compiuti da uno dei più terribili dittatori mai esistiti la catarsi di un bagno salvifico che possa trasformare ogni traccia della follia di Dachau (il cui fango vediamo ritratto nei suoi stivali in primo piano) nella possibilità di tornare a vivere. Dalla sperimentazione alla passione, dall’affermazione di sé alla moda, dalla verità di uno sguardo nomade alla necessità di raccontare la Storia, Lee Miller ci insegna quanto una donna possa essere non una semplice ispirazione di fervore creativo e cambiamento, ma lei stessa fervore e cambiamento continuo.

LEE MILLER MAN RAY. FASHION, LOVE, WAR. Palazzo Franchetti, Venezia, fino al 10 aprile 2023. Catalogo Skyra edizione bilingue italiano-inglese, 37 euro.

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