“Fraises” di Giancarlo Vitagliano, (BookTribu)

Nei confronti del proprio capo, Lauri, si è sempre tenuto correttamente un passo indietro, tollerando con pazienza l’atteggiamento borioso di quello. La sua routine ha una svolta inattesa, quando Lauri si fa male e non può andare in Francia: tocca a Lorenzo prendere il suo posto. E’ un prendere il suo posto relativo perchè anziché la suite di un hotel di lusso che era sempre stata assicurata al suo capo, si ritrova una stanza di un hotel a due stelle. Ma non importa. Per la prima volta esce dall’Italia. Per  la prima volta va in Costa Azzurra. Per la prima volta ha un lavoro di responsabilità da svolgere in autonomia dimostrando tutto quello che vale. Le cose tuttavia non andranno come da lui, per quanto scrupolosamente, pianificato: nello chalet vicino all’hotel dove si reca a far colazione con gli appunti da rivedere per la prima riunione del giorno, una donna di raro fascino attira la sua attenzione. Anzi, di più. Lo suggestiona. Si creano le condizioni per una presentazione reciproca, poi per un successivo incontro casuale, poi per un altro ancora. FrançoiseDelagrange, vera e propria dame fatale, diventa per lui un pensiero fisso che scardina l’equlibrio in cui era vissuto fino a quel momento. 

La sua integrità gli permette di proseguire nel lavoro arrivando alla serata precedente l’inaugurazione. Ma a quel punto le cose si fermano. Dopo l’ultimo dialogo con Françoise, dopo il Martini Rossini Special con le fragole speciali della Bretagna, dopo che si è aperta raccontandogli la propria storia, Lorenzo si ritrova in un tunnel, all’uscita dal quale la sua vita non sarà più quella di prima.

Il tema del labilissimo confine fra bene e male scorre anche negli altri due racconti. Ne Il buio c’è di nuovo una scena di prigionia: un medico è stato segregato da uno sconosciuto, un uomo disperato che lo accusa di aver fatto qualcosa di terribile e che si trova in evidente stato di alterazione emozionale, per il quale il senso di un torto subito è diventato un’ossessione offuscata dall’impotenza di cambiare le cose. Paradossalmente è il medico tenuto prigioniero al buio ad avere la lucidità per ragionare e cercare di ricostruire la storia. È un amarissimo confronto fra realtà oggettiva e realtà soggettiva, fra visioni diverse alterate da storie di dolore.

Il terzo racconto, Il collega, vede di nuovo protagonista un medico, al quale si presenta un giorno un uomo di una certa età che gli chiede di poter praticare come volontario nella sua équipe, in quanto ha preso la laurea di recente a causa di una serie di vicissitudini. L’uomo si dimostra competente e affidabile, sempre puntuale. Un piccolo dubbio si insinua un giorno nella mente del medico che, con una scusa, gli chiede di vedere il suo diploma di laurea. L’uomo è turbato ma glielo porta. Insieme alla propria storia,  ancora una storia di oltraggi subiti e profonde ingiustizie umane. La scrittura di Vitagliano è linda, fine, curata nell’elegante fraseologia. Rispecchia i personaggi che descrive, la loro etica profonda, il senso di rispetto umano e l’attitudine a riconoscere nell’altro le ombre che derivano da esperienze dolorose che vanno a sfumare i contorni della sua capacità di giudizio. Saper vedere quelle sfumature è importante: per salvaguardare chi, travolto da eventi più grandi di lui, ha perso i riferimenti morali oggettivi ma vorrebbe ritrovarli o ricostruirne di nuovi.

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