di Susanna Raule
Diversi anni fa, quando avevo già pubblicato qualche fumetto e tre gialli per un grande gruppo editoriale, iniziai a parlare via chat con un autore più anziano e più famoso di me. Eravamo amici su Facebook, ma non ci conoscevamo di persona. Non ricordo come iniziò la conversazione, di certo in modo casuale, come succede in internet. Si trasformò presto in lunghe conversazioni letterarie, dense, profonde, a tratti personali. Mi fece leggere i primi capitoli di un suo romanzo, molto bello. A un certo punto mi disse: “Vuoi sapere che effetto mi fa parlare con te?” Gli risposi okay e lui mi mandò un video in cui si masturbava.
Ognuno ha un suo metro per valutare le molestie.
Quell’episodio fu così ridicolo che, a tutt’oggi, non lo considero una molestia. Se ci penso mi scappa ancora da ridere. Non ero abbastanza giovane da restare scioccata, capite. Ed era un video molto buffo per diversi motivi, di cui senz’altro l’inviante non era consapevole.
Sarà forse fuori luogo, ma mi sono spesso chiesta perché chi ti manda immagini del proprio pene abbia spesso un aggeggio non proprio memorabile. Ci sarà una relazione? Che cosa penseranno?
Nel caso dell’autore in questione, credo fosse convinto che ne sarei stata lusingata. Sulla base di quale esame di realtà, non oso immaginarlo.
In un certo senso si è trattato di un’eccezione. Penso che lo considerasse davvero un omaggio.
Di solito non è così. Di solito, se ricevi immagini sessuali non richieste l’intento è aggressivo: scioccarti, turbarti, disgustarti, sminuirti, insultarti.
Come quasi tutte le donne che conosco, ho ricevuto decine di dickpick. Nessuna era amichevole.
È uno dei motivi per cui non rispondo più ai messaggi privati.
(l’articolo continua a p. 2)