I Mostri di Firenze e il Patto segreto di Michele Giuttari

Recensione di Gabriele Basilica

Michele Giuttari – dopo “Compagni di sangue (1998)”, “Il Mostro anatomia di un’indagine (2006)”, “Confesso che ho indagato (2015)” – torna nelle librerie per Morlacchi Editore con il libro “I Mostri di Firenze e il Patto segreto” per ripercorrere tutta la vicenda del Mostro inserendo fatti, dettagli, particolari e indiscrezioni sconosciuti a molti, soprattutto in riferimento all’ultimo segmento investigativo relativo ai mandanti.

Un testo molto atteso da chi ha sempre seguito Giuttari nei suoi precedenti libri che affrontavano i vari aspetti della vicenda – dai “compagni di merende” fino ai mandanti –  ma anche perfetto per chi si avvicina per la prima volta a questa orribile storia, perché l’autore è una garanzia: con uno stile preciso, acuto e ricco di dettagli descrive in maniera oggettiva  tutta la vicenda giudiziaria.

«Il famoso caso del cosiddetto Mostro di Firenze è la storia vera di undici anni di sangue sulle splendide colline che circondano una delle più belle città del mondo. Nel tempo gli investigatori sono stati molti e tra di loro anch’io per dodici anni dal 1995 al 2007. Prima quale capo della squadra mobile, poi responsabile del Gides (Gruppo investigativo delitti seriali Firenze-Perugia)»

Lo scrittore affronta la vicenda dagli inizi a partire dallo studio del serial killer fornita dall’FBI che puntava, però, l’attenzione verso l’ipotesi del killer solitario “scandagliando inizialmente il mondo dei guardoni dediti a osservare le coppie appartate in luoghi isolati”; successivamente si sofferma sulla pista sarda seguita per sette anni fino al dicembre 1989 (pista nata per il duplice omicidio di una coppia Antonio Lo Bianco e Barbara Locci la notte del 22 agosto 1968), fino al 1984 con la creazione della squadra Antimostro (SAM) che individuò in Pietro Pacciani “rozzo contadino dal cervello fine, l’unico serial killer responsabile di tutti i delitti compreso quello del 1968”.

Con Pacciani, Giuttari scopre un mondo sommerso fatto di guardoni, prostitute quali Gabriella e Filippa, maghi (Salvatore), frequentazioni e amici quali Giancarlo Lotti, Fernando, Mario Vanni famoso perché in uno dei primi interrogatori si affrettò a rispondere di aver frequentato Pacciani solo per “fare le merende”. Emerge, inoltre, la storia del “dottore….al quale Pacciani consegnava le parti asportate dal corpo delle donne uccise”, particolare che fece ipotizzare uno scenario investigativo più ampio e complesso a cui nessuno aveva pensato.

Scenari questi che portano a diversi responsabili coinvolti nella responsabilità dei duplici omicidi e Giuttari fu il primo a intuire e poi a verificare che in realtà era necessario indagare sui mostri di Firenze. Teoria confermata dalle sentenze dei processi: nel processo di appello del 1996 Pacciani fu assolto con formula piena per non aver commessi i duplici omicidi, nel secondo processo d’appello di marzo 1998 Vanni (ergastolo), Lotti (trent’anni) e Pacciani (morto stranamente all’improvviso a pochi giorni dalla sentenza) furono condannati per gli ultimi quattro duplici omicidi. Sentenza poi confermata nel processo d’appello del maggio 1999.

Sentenza che se un lato chiudeva gli scenari sugli esecutori materiali  ne apriva altri “sulla possibile compartecipazione ai delitti di un mandante”. A suffragare tale ipotesi c’erano le dichiarazioni di Lotti che parlava del famoso “dottore” che pagava per avere i feticci e la situazione economica di Pacciani incompatibile con il suo lavoro da contadino.

«L’indagine permise di delineare il legame che univa esoterismo, magia, orge, perversioni sessuali, pedofilia. Legame ancora più chiaro quando si accertò che sull’esoterismo quale possibile movente nei delitti del Mostro di Firenze un organismo istituzionale si era già espressi già a partire dal 1984».

Nel secondo filone investigativo, quello dei mandanti, lo scrittore illustra uno scenario in cui emergono ostruzioni, comportamenti ed episodi “quanto mai inquietanti, mai accaduti in anni e anni di indagini tanto complesse quanto rischiose”, minacce di morte, lettere anonime ed intimidazioni personali. Come responsabile del Gides, Giuttari, indagando sulla morte del medico perugino Narducci – “morte misteriosa come quella di Pacciani” – si trova difronte ad ostacoli imprevisti, come finti tecnici Telecom. Avvenne anche che qualcuno si introdusse nel suo uffici, mettendo sottosopra i faldoni delle indagini, fino allo tzunami giudiziario che di fatto bloccò l’indagine e impedì a Giuttari di concludere il suo lavoro.

Un libro assolutamente da leggere perché dà un’idea oggettiva e definitiva della storia, oltre a dipanarla con chiarezza nella sua complessità, e che inoltre inserisce nuovi elementi sulla storia quali l’Anonimo Fiorentino, la morte di Elisabetta Ciabani, il passaggio della pistola che sparò nel 68. Un’opera che, in sostanza, consente di avere un’idea chiara sulla storia definitiva non del Mostro di Firenze ma dei “Mostri di Firenze”:

«Le indagini dopo quasi cinquant’anni hanno consentito di ottenere solo un esito giudiziario parziale con una sentenza definitiva…Un punto fermo, però. Fondamentale essendo stato deciso con assoluta certezza in appena tre anni di processi che almeno gli ultimi quattro delitti furono realizzati da più assassini e non da un serial killer solitario, come prima sia era ritenuto».    

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