Sul comodino della Rambaldi
Salvo Toscano – Palermo – Giornalista ha pubblicato undici romanzi, una raccolta di racconti, un saggio di politica ed è stato tradotto nei paesi di lingua inglese.
“La prego, capitano O’Brien, mi permetta di girarmi – insisté quello.
Ginger Jack lo afferrò per una spalla e lo voltò, avvicinando la faccia alla sua.
– Come cazzo ti permetti di chiamarmi per nome, guinea? – gridò mentre il viso gli diventava più rosso dei capelli, usando un epiteto razzista ancor più sgradevole di dago e di wop, la peggiore parola usata per esprimere agli italiani disprezzo. Si pronunciava “ghini” e se un tizio di Little Italy se lo sentiva dire era facile che finisse a botte, se non a coltellate.
– La prego, controlli il taschino sul mio petto.
O’Brien allungò la mano, avvertì la consistenza del rame sotto la camicia, afferrò l’oggetto e lo tirò fuori. Era un distintivo del Dipartimento di Polizia di New York, con impresso il numero 285.”
Giuseppe Petrosino, detto Joe, 30.08.1860/12.03.1910, emigra a New York nel 1873 e prende la cittadinanza statunitense nel 1877. Il padre sarto, col suo modesto lavoro, su sette figli, fa studiare i suoi quattro maschi, che saranno tra i pochi italiani, all’epoca, a saper leggere e scrivere.
Prima di diventare poliziotto, Joe, si è adattato ai mestieri più umili. Non supera il metro e sessanta, viene deriso dai connazionali e guardato con sospetto dai colleghi. Di pattuglia è intransigente e instancabile. Quando vigila il quartiere sembra avere il dono dell’ubiquità e viene paragonato al prezzemolo nella minestra, tanto che in alcuni dialetti del sud petrosino vuol dire prezzemolo.