Sul comodino della Rambaldi
Kerstin Cantz – Monaco – ha lavorato come giornalista freelance ed è stata redattrice presso una televisione privata prima di dedicarsi completamente alla narrativa e alle sceneggiature. Dal suo primo romanzo storico Die Hebamme è stato tratto un film.
“Bene, allora… i coniugi Williams. A gennaio è prevista l’adozione del piccolo Paul.” Alzò gli occhi. “Una telefonata anonima ha detto?”
Elke annuì. “Venerdì scorso.”
“Il più delle volte sono le domestiche a contattare i servizi sociali. Tedesche che fanno le pulizie dagli americani, oppure le babysitter.”
“Succede spesso?”
“No, direi di no. Ma ovviamente seguiamo qualsiasi indizio in nostro possesso.” Margarete Rand si tolse gli occhiali. Gli occhi stanchi, azzurro chiaro si appuntano sull’interlocutrice. “Vede, signorina Zeisig, ormai sono vent’anni che trovo famiglie americane per i bimbi di Monaco. Soprattutto orfani dopo la guerra. A suo tempo una soluzione salvifica. Ora tocca ai figli illegittimi delle relazioni tra giovani donne e soldati americani, che in tal modo possono avere una vita migliore. Anche il piccolo Paul è nato da un legame di questo tipo.”
22 Novembre 1963. Manca un mese Natale e a Monaco di Baviera si respira aria di neve. Dopo il caso della bambina scalza, l’ispettrice Zeisig non ha più collaborato col commissario Manschreck della omicidi. Elke non è la solita bellona. Indossa una divisa scadente che fa sudare e che le sta malissimo, ha le calze smagliate, non si depila le ascelle, ma è l’unica di tutta la sezione femminile ad avere la patente. In quegli anni le agenti devono restare nubili come suore, immolarsi al lavoro, servire i poliziotti maschi e limitarsi ad occuparsi di bambini e adolescenti in un triste ufficetto dalle pareti verdi sprovvisto di tutto.
(la recensione prosegue a p. 2)