Recensione di Patrizia Debicke
Tradotto da Bruno Arpaia
Un thriller intrigante in cui ritroviamo gran parte dei personaggi di Terra Alta e Indipendenza.
Ispirato dal “mosso d’esquadra” che nel 2017 eliminò i terroristi di Cambrils, Javier Cercas ha creato Terra Alta (2019) e il suo personaggio, Melchor Marín poliziotto. Marin , figlio di una prostituta assassinata, con un passato da galeotto, dal quale si è redento soprattutto in virtù del suo padrino e avvocato (forse suo padre?), impenitente grande lettore di romanzi classici (innamorato soprattutto de “I miserabili” di Víctor Hugo), intelligente e veloce nel suo lavoro, dopo aver perso la moglie Olga per una sadica vendetta nei suoi confronti, è rimasto solo con la figlia Cosette (stesso nome della figlia adottiva di Jean Valjean ), allora una bambina di tre anni.
Il castello di Barbablù, terzo capitolo della saga ambientato nel 2035 e dunque in un fantascientifico futuro, fa tornare in scena Mechor Marin che, dopo avere vinto un concorso pubblico ha lasciato la divisa e il suo incarico nella squadra pubblica (mosso d’esquadra) per riciclarsi in bibliotecario a Gandesa in Terra Alta,dove vive con la figlia Cosette ora diciassettenne . Ma i rapporti tra loro, prima idilliaci, sono diventati tesi dal momento che l’adolescente , dopo aver scoperta da sola come e perché è morta sua madre, non riesce a perdonare al padre di averle taciuto per quattordici anni la verità. Per debolezza o inconscio senso di colpa, Melchor infatti non le ha mai confidato che è stata uccisa per la sua testardaggine nel braccare i colpevoli durante la famosa indagine che aveva visto implicato il peggior marciume dell’elite catalana.
Amareggiata e confusa, da quel momento incerta anche se proseguire gli studi e andare all’università , Cosette partirà per una breve vacanza di riflessione a Maiorca con Elisa Climent, da anni la sua migliore amica. Ma mentre Elisa tornerà a Ganesa alla data prevista, Cosette si fermerà da sola sull’isola ancora per qualche giorno. Ciò nondimeno, dopo aver ricevuto dalla figlia uno stringato messaggio sul cellulare, Melchor Marin non riuscirà più a mettersi in contatto con lei.
Dopo le prime immediate ricerche telefoniche l’istinto di padre, ma soprattutto quello di ex poliziotto, gli suggerirà che la scomparsa della figlia non è legata a una futile ripicca. Anche se Cosette fosse stata arrabbiata con lui non l’avrebbe mai lasciato tanto a lungo senza chiamare o dargli notizie . E anche Elisa poi, l’amica, non l’ha più sentita. Il cellulare dell’adolescente risulta spento.
(la recensione prosegue a p.2)