Recensione di Patrizia Debicke
Roma, piena pandemia. Con per fulcro dello scenario narrativo il sempre maggiore contrasto sociale tra i quartieri periferici, quali le Torri, ora Municipio Roma VI, e il rutilante splendore del centro. Due diversi pianeti e perfetto brodo di cultura per il risorgere della malavita e delle eterne lotte tra clan per aggiudicarsi il mercato delle droghe vecchie e nuove.
In questo panorama, emerge con orgogliosa prepotenza Sharon detta Sharo, una ragazza che vive alle Torri, sicura di sé, intelligente e, benché abbia frequentato poco le scuole, è sempre attenta e pronta a imparare. Ha la palla al piede di una inacidita madre invalida, costretta tra il letto e la carrozzina che cura e segue con pazienza infinita. Sopravvivono appena con la sua piccola pensione e la differenza concessa dalla stato come Reddito di cittadinanza. Sharon, che ha tentato e poi mollato una serie di lavoretti, sempre per gli stessi motivi: le pretese e le avances di capi o capetti, lavora in nero da una parrucchiera, ma vorrebbe solo cambiare, emergere insomma dallo squallore della sua vita. Per farlo avrebbe diverse frecce al suo arco: vent’anni compiuti da poco, bionda, alta, sottile, con il volto sempre imbronciato. Insomma non una bellezza classica ma raffinata, particolare, stuzzicante e che affascina gli uomini.
Ecco a voi La svedese, il nuovo romanzo di Giancarlo De Cataldo, che attraverso la fiction ci introduce alla realtà e ci fa testimoni di un particolare mondo che vorrebbe toccare il cielo ed è invece costretto a imboccare la strada del crimine, nell’illusione di migliorarsi.
Poi lo choc, qualcosa d’imprevisto, l’incidente che manda in ospedale con una gamba rotta Fabio detto Pennellone il fidanzato, un’operosa rotellina del il giro della droga in corsa con lei sul monopattino. La sua preghiera di fare una consegna per suo conto e per amor suo e quella strana, misteriosa e preziosa bottiglia recapitata all’ultimo piano del grande palazzo, quasi una reggia incantata, rivoluzionerà la sua esistenza. È il caso o il destino che ha posto quel contatto con un altro mondo, quella straordinaria esperienza, sulla sua strada? Sarà quella la scintilla del suo futuro?
Che dire? Certo è che da quel momento Sharon verrà trascinata a fare la postina della droga. Suo malgrado e all’inizio per coprire Fabio, il fidanzato, poi man mano coinvolta dagli avvenimenti e le tragedie nel sogno del guadagno facile e infine, per sua scelta, in un’ inarrestabile ascesa criminale. In certi contesti ormai forse l’unico fattore in grado di consentire una rapida ascesa economica e sociale. All’inizio da sola, poi con l’appoggio, l’alleanza e la protezione del ricco e potente aristocratico della preziosa bottiglia, del palazzo… Quel suo particolare incontro con il Principe, l’ha avvicinata alla conoscenza di un altro mondo: un mondo che si apre nell’ inimmaginabile bellezza e nel sapere. E su un’ anomala storia di amore per rappresentazione, tra una borgatara e un principe del centro storico. Un possibile ponte tra i diversi livelli sociali?
(la recensione prosegue a p.2)