Il maniaco è un fotografo che lavora per riviste erotiche che, dopo aver appreso di avere un tumore, ha contattato il numero di sostegno psicologico dicendosi intenzionato a suicidarsi. Ma la voce e le parole di Rinko gli hanno restituito voglia di vivere e sono diventate un’ossessione tale da spingerlo, dopo faticosi appostamenti, a fotografarla.
Quando la contatta giura che se lei farà tutto quello che le ordina restituirà foto e negativi.
Rinko gli ha cambiato la vita e vuole solo che si travesta per lui.
Non vuole far sesso, vuole solo guardarla.
Le impone abiti succinti e la costringe a uscire e a mostrarsi.
Lui dà ordini e lei esegue.
Il gioco, inaspettatamente, conquista i sensi della timida Rinko che prende finalmente coscienza del proprio capitale erotico e il cambiamento finirà per stravolgere anche la vita del rigido marito Shigehiko.
Tsukamoto è stato anche regista, produttore, sceneggiatore, fotografo e montatore della pellicola omonima premiata a Venezia nel 2002. Un film estremo, perverso e sorprendente che sfora i limiti del cinema contemporaneo e che mi ha riportato alla mente La chiave di Tinto Brass del 1983, intriso di altrettante lussuriose fantasie tra coniugi che hanno bisogno di svecchiare il rapporto, tratto dall’omonimo romanzo del giapponese Jun’ichirò Tanizaki del 1956.
Un serpente di giugno è un gioco mentale che riavvicinerà due corpi.
Paola Rambaldi