Recensione di Patrizia Debicke
Il prof. Lorenzo Padovani è il ventisettenne bravo ragazzo, virgulto della Milano bene, dotato di un inoppugnabile curriculum accademico che farebbe presagire per lui solo un luminoso futuro.
Ragion per cui in questa era , spesso e a ragione condannata come l’era dei bamboccioni, è il primo ad essere consapevole del suo attuale successo. Ovverosia l’aver raggiunto con il quasi stratosferico punteggio di 99/100, a meno di trent’anni e al primo colpo, l’incarico come docente nel prestigioso Liceo privato Modigliani, il gotha dell’istruzione secondaria di secondo grado, la scuola privata che forma l’élite della futura classe dirigente italiana. Padovani sa bene che questo suo mandato, una cattedra di Storia e Filosofia, può rappresentare un ottimo punto di partenza . E di arrivo, se sogna per il suo futuro, di andarsi a piazzare «tra i predestinati ad avere il meglio».
E infatti il romanzo si apre nel minimalistico ma di lusso studio del preside Minnelli, gentile ma pignolo, nell’avvenieristica sede che ospita il Liceo Modigliani da cui si gode la spettacolare vista su Piazza Gae Aulenti. Siamo al momento formale delle presentazioni in cui Padovani, oltre ad essere edotto dal preside, visto l’eccellenza del liceo – in cui il corpo docenti è tenuto a rispettare regole rigidissime in grado di garantire risultati straordinari tra gli allievi tra i quali figurano gente “che conta”, tipo figli di ministri, che paga e pretende il meglio – , verrà anche informato che il suo ingaggio comprende anche un super alloggio, insomma un miniappartamento ben accessoriato con bagno e cucinotto al piano superiore dell’edificio principale. Il Modigliani infatti è un modernissimo Campus all’interno del nuovo Centro direzionale, progettato dall’archistar svedese Egon Jacobsson. Un’indubbia affermazione per Lorenzo e il suo iniziale entusiasmo non verrà smontato neppure dal successivo incontro con il suo rompiscatole ex insegnante comunista.
Eppure, dietro la sfolgorante facciata del Modigliani. non tutto è come sembra. Tutto il contesto, umano e scolastico, dipende dal beneplacito dei finanziatori, quindi non sono ammesse né ascoltate giuste osservazioni o contestazioni che travalichino il servilismo. Gli insegnanti, per la maggior parte solo arrivisti patentati, devono appoggiare ogni direttiva che viene dall’alto. Un’atmosfera ohimè molto comune e gettonata ai nostri giorni che spesso provoca rivalsa e meriterebbe tante riflessioni… e invece ora dobbiamo tornare al libro.
(la recensione prosegue a p.2)