
#grandangolo di Marco Valenti
Il megadirettore galattico de I Buoni Cugini Editori torna in libreria e ci regala il nuovo episodio della saga di Falzone e Bertolazzi. Il passare del tempo pare non aver avuto effetti sul nostro duo preferito. Come un buon vino, magari siciliano, che migliora con il trascorrere degli anni, i nostri tornano in grande forma per l’ennesimo capitolo della serialità a loro dedicata. È un noir o un romanzo d’amore? è stata la domanda che mi sono posto non appena ho finito “Senza di te”. La risposta non ha tardato ad arrivare, ed è stata ovviamente “ma cu minchia si ‘nni futti”. È un buon libro, intrigante, divertente e ricco di sfumature che portano lontano, se si ha la voglia di riflettere, soprattutto sui “non detti” del romanzo che emergono pagina dopo pagina.
Ivo Tiberio Ginevra nisseno di nascita, ma palermitano (e tifoso rosanero) a tutti gli effetti, è il titolare (insieme alla moglie, precisiamolo, non si sa mai…) della casa editrice I Buoni Cugini Editori con cui pubblica volumi troppo presto “scomparsi” e caduti del dimenticatoio della collettività, ma anche romanzi gialli ma dagli importanti risvolti sociali legati al territorio, come quelli dell’amico Vincenzo Ieracitano, o quelli che scrive in prima persona. “Senza di te” non fa eccezione a quanto detto. C’è la Sicilia, rappresentata dall’immaginaria cittadina di Scrafani, a fare da sfondo alle vicende del commissario Falzone. E con essa tutto il carico di dinamiche legate all’isola e alla sua storia recente e passata. Si parte da una serie di omicidi mascherati da suicidi per arrivare all’ingombrante ombra della mafia quando iniziano a cadere prima un magistrato, poi un maresciallo dei Carabinieri ed infine il figlio di un boss mafioso locale. Una bella “camurria” per Falzone che si sente sprofondare in un pantano da cui non sarà facile uscire.
Il commissario Falzone è in preda ad una crisi senza precedenti, il suo matrimonio è naufragato, vive solo come meglio può, al lavoro non va poi molto meglio, anche in questura si sente sempre più solo, alla depressione si somma anche quella “solitudine da carenza di amore”, In un quadro come questo ritrovarsi ad indagare su una serie di suicidi non sembra essere il massimo, del resto quando hai “il deserto nel cuore” il lavoro non può sostituire quello che manca, e il baratro si fa sempre più vicino e sempre più profondo. Lasciarsi andare verso l’estrema decisione è questione di attimi.
(la recensione prosegue a p.2)