I libro appena pubblicato, infatti, affascinò subito l’America e gli americani, poi tutti gli altri…
Erano gli anni ’50, i gialli e i noir andavano alla grande, tutti amavano leggerli e sopratutto amavano poi rivederli al cinema. Così, a distanza di poco tempo dalla pubblicazione, nel 1955, Caccia al ladro diviene il grande film firmato Paramount diretto da Alfred Hitchcock. Insomma un felice connubio di fortunati eventi legati a una storia che meritava appieno il successo che si è guadagnata.
Ma ora torniamo a Caccia al ladro e alla sua trama che come bandiera portante può esibire fin dall’inizio delle ambientazioni da favola. Sissignori non noccioline ma il meglio del meglio di quanto la Costa Azzurra possa offrire sia come residenze di charme che alberghi di gran lusso.
Il protagonista è John Robie, americano, un ex bravo acrobata di circo ed ex ladro di gioielli. Da giovane, arrivato in Europa per un ingaggio che si era dimostrato un flop, dopo aver cercato invano un lavoro decoroso aveva cominciato a depredare le camere di albergo della Costa occupate da ricchi nobili, milionari americani e stelle del cinema. Le sue imprese gli avevano fatto guadagnare le prime pagine dei quotidiani e l’avevano fatto soprannominare il Gatto perchè riusciva sia ad arrampicarsi sui muri con l’agilità di un gatto, sia per entrare che per uscire non visto dappertutto. Il suo gioco era andato avanti per tre anni, ogni volta senza mai lasciare un indizio che potesse farlo scoprire fino al giorno in cui un ricettatore di Parigi l’aveva venduto alla polizia. Di là il processo a Nizza in cui l’avevano condannato a vent’ anni di prigione. Ma con l’addensarsi delle nuvole della Seconda Guerra Mondiale poco più di un anno dopo. l’occupazione nazista in Francia gli aveva offerto l’occasione di riacquistare la libertà. I tedeschi infatti, convinti di offrire ampio materiale di disturbo a quanto restava della vilipesa Terza Repubblica, una notte aveva caricato su dei camion tutti i detenuti della prigione vicino a Saumur, compreso il Gatto, liberandoli oltre la zona occupata.
Fu allora che John Robie e i suoi compagni di prigione decisero di unirsi alla resistenza francese, come combattenti partigiani. Uccisero e furono uccisi. Molti tra loro morirono ma alla fine della guerra un “tacito armistizio” concesse agli evasi sopravvissuti la libertà, condizionata alla buona condotta. Robie era riuscito a lasciare la Francia per gli Stati Uniti, aveva riottenuto un passaporto vergine, poi aveva deciso di tornare in Francia. Il franco si era svalutato e continuava a scendere vertiginosamente, il suo patrimonio frutto di furti che era diminuito molto di valore era bloccato, ma se decideva di restare in Francia avrebbe potuto farlo vivendo dignitosamente di rendita. E così era stato, ragion per cui, l’ex Gatto, usando tranquillamente il suo vero nome, certo di godere dell’amnistia dovuta al suo eroismo in guerra, si era comprato una villa in campagna sopra Vence, si era registrato ala prefettura di Nizza e aveva ottenuto un regolare permesso di soggiorno. E là campava bene, si era fatto dei conoscenti e alcuni buoni amici, lontano della malavita e dal suo passato.
Ma da un giorno all’altro la sua vita viene sconvolta da una azzardata serie di furti di gioielli compiuti in varie località della Costa Azzurra, con le stesse modalità da lui utilizzate in passato. Ragion per cui la polizia dopo essersi guardata attorno fa due più due e comincia a sostenere che il Gatto dopo essere tornato in circolazione, ha ricominciato a colpire.
John Robie è nei guai, addirittura costretto a fuggire abbandonando la sua villa proprio nel momento in cui gli agenti sono venuti a bussare alla sua porta per arrestarlo e a rifugiarsi a Cannes dall’amico Bellini, influente esponente della malavita locale, con ancora le mani pasta in tanti affari, e che durante la guerra era stato suo socio nella Resistenza francese. E dietro consiglio di Bellini chiederà e otterrà l’immediato appoggio degli ex galeotti e compagni del Maquis. Con il loro aiuto, sia per la propria sicurezza che per orgoglio, John Robie deve trovare il modo di smascherare e fermare il ladro che sta emulando le sue imprese.
Con pochi precisi tocchi indispensabili a modificare il suo aspetto e fargli vestire gli innocui panni di Jack Burns, abbiente assicuratore quarantacinquenne di New York in vacanza, (e qui nessuno mi leva dalla testa che nel descriverlo l’autore stesse pensando a se stesso) John Robie inizia, sotto mentite spoglie, a dare la caccia al ladro. A Cannes il falso Burns, alloggiato in un grande hotel internazionale, entrerà in contatto con due ricchissime americane, la cui fortuna è legata al fastoso reddito di numerosi pozzi di petrolio: Maude Stevens, la madre, che adora i gioielli e la figlia Francie, che invece non li porta mai… Comincia la caccia, l’avventura e stop allo spoiler anche se temo che ormai con il passare degli anni la celebre storia sia ormai universalmente nota e apprezzata.
John Robie è un personaggio carismatico dotato di gran savoir faire, la giovane milionaria che ben presto annuserà l’aria e sospetterà qualcosa, è incantevole. Sicuramente, David Dodge ha vinto la scommessa con la moglie, scrivendo un grandissimo giallo. Un giallo in cui dominano, pagina dopo pagina, suspense e ambientazione. La prima, indiscussa, fa sì che ogni scena sia gestita in modo da lasciare il lettore resti sempre col fiato sospeso. Anche se ogni piccolo indizio disseminato nella trama lo accompagna verso la soluzione del caso. L’azione non manca, John e Frances – la giovane americana – vivono eccezionali vicende in favolosi scenari. Logicamente, per me che ho visto e rivisto il film tratto dalla storia, non riesco a regalare ai protagonisti un volto diverso da quello scelto dal regista per il cast dei suoi attori. E dunque un’accoppiata d’oro che vide sia un libro che un film indimenticabili, ma soprattutto un giallo che non perde e non perderà mai smalto neppure con il passare degli anni. Anzi le sue ambientazioni semiteatrali che rammentano certi film americani di quel periodo, così come i discorsi e le varie descrizioni gli garantiscono una raffinata cornice un tantino vintage. Cornice che lo rende alla stesso tempo intrigante e saporoso ma e soprattutto indimenticabile.
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