“Non tenermi sulle spine allora. Di chi diavolo è?” Ci fu una brave pausa, come se l’interlocutore stesse valutando se girarci ancora intorno o andare dritto al sodo. Optò per la seconda.
“Dell’imperatore.”
La vittima è agonizzante sul parquet quando l’assassino la immobilizza col piede e la uccide.
Sul posto viene chiamato l’ispettore Takeshi James Nishida della squadra omicidi di Tokyo. Un impulsivo che non ha mai fatto carriera. Un mezzosangue di padre giapponese e madre americana che non sa essere accomodante come la cultura giapponese richiede, che ha ereditato dalla madre una perfetta padronanza dell’inglese e un carattere schietto e sfrontato poco comune ai giapponesi. Un carattere che l’ha reso impopolare fin dai tempi della scuola.
Fuori piove, c’è frastuono di clacson, la zona pullula di locali di intrattenimento, di uomini d’affari e minigonne. Nel piccolo appartamento del II° piano – porta 203 – c’è già la scientifica. L’uomo lavorava al mercato del pesce, non si presentava al lavoro da tre giorni e non rispondeva al telefono. Dev’essere morto da almeno una ventina d’ore. L’aria condizionata a palla forse serviva a far scoprire il cadavere il più tardi possibile. È stato ucciso con un comune ombrello di plastica trasparente da pochi yen che gli ha trapassato l’occhio destro fino al cranio. Il che fa pensare a un gesto fulmineo, a una lite improvvisa, non a un delitto premeditato. Nell’appartamento non è stato rubato niente e si esclude la rapina. Kaori, la ragazza che l’ha trovato, dice che non lo sentiva da una settimana. Stavano insieme da 8 mesi e si stavano lasciando. Ha trovato la porta aperta, l’ha visto e ha urlato. Lo descrive come un uomo privo di ambizioni, dedito esclusivamente ai videogiochi.
Per Niscida questo è il quinto omicidio dell’anno che non sembra collegato al crimine organizzato.
La notizia sensazionale in tutto questo è che quell’ombrello seppur ordinario è allo stesso tempo speciale perché reca l’impronta dell’imperatore del Giappone. Quello vero. Anni prima l’imperatore ha volutamente consegnato, come gesto simbolico per la prevenzione della criminalità, le sue impronte alla scienza. E per incredibile che sia, fino a che non ci saranno i risultati dell’autopsia l’unica pista da seguire sono proprio le impronte sull’ombrello.
Niscida, ecco un altro investigatore bello, con problemi di famiglia e poco amato dai superiori, che ha però il vantaggio di muoversi in un posto che Tommaso Scotti ben conosce perché ci vive. Contrariamente ad autori che a volte ambientano storie in posti dove hanno passato una semplice vacanza o dove non sono mai stati, qui, Tommaso Scotti, conosce luoghi e usanze e li sa ben raccontare.
Paola Rambaldi
super