Recensione di Nuela Celli

Questo romanzo, delicato quasi come un ricamo, una trama di ricordi e di sensazioni che fluttuano tra presente e passato, racconta la storia di una famiglia. Una famiglia composta da due sorelle dal rapporto complicato, con dei caratteri agli antipodi che permettono soltanto rari momenti di vera connessione, tra rincorse, gelosie e non detti, da due genitori che dopo un grande amore si perdono nelle derive della vita, quando tutti i nodi vengono al pettine e la propria indole prende il sopravvento anche sui più accaniti tentavi di temperarla, da due nonne piene d’amore nonostante debolezze e difetti, e da una casa, la casa di Lego, dove tutto ha avuto inizio.
“Quindici.
I ragazzi che hai avuto tu.
Due.
I ragazzi che ho avuto io.
In principio erano l’amore della tua vita. Ben presto ti venivano a noia e loro smettevano il cibo e il sonno. Mi accadeva l’inverso. In principio sostavo sulla riva del dubbio e avviavo passioni improbabili con chi non mi piaceva e di cui non mi sarei innamorata, perché a quelli che mi piacevano davvero piacevano altre. Poi ero io a venire a noia perché uscivo in tuta, con il cerchietto e la frangia a tendina. Puntualmente in ritardo.”
La casa di Lego è lo spazio protetto dalla famiglia ancora unita, espressione nata da un ricordo e rimasta a significare tutto ciò che eleggiamo come nostro personale spazio vitale, quindi ogni casa dove tornare la sera e trovare la propria dimensione:
“Ti ricordi, Viola?