“Mileva Einstein. Teoria sul dolore” di Slavenka Drakulić (Bottega Errante Edizioni)

Risultati immagini per “Mileva Einstein. Teoria sul dolore” dei Slavenka DrakulicRecensione di Eleonora Papp

Sembra una narrazione venuta dall’alba antica del dolore! “Mileva Einstein. Teoria sul dolore” (in croato “Mileva Einstein, teorija tuge”) in un’esposizione semplice, riporta la storia di Mileva Marić, una donna di nazionalità serba affetta da un leggero handicap fisico (una lieve zoppia), ma intellettualmente tanto dotata da essere la prima allieva ammessa al ginnasio reale di Zagabria e in seguito, nel 1894, al Politecnico di Zurigo. A quegli studi l’aveva avviata un padre benestante e moderno: “Sin da quando ero piccola, mio padre sapeva che vita mi aspettasse nel mio paese. Mi ha fatto fare l’università per allontanarmi da un ambiente in cui le donne come me non erano rispettate. L’unico modo per emanciparmi dalla mia condizione di infermità fisica era studiare”.

Mileva non poteva essere definita una bellezza sotto il profilo estetico: “Lei era una zoppa proveniente dai Balcani, ragazza per la quale i maschietti non mostravano alcun interesse”.

La studentessa, comunque, che mai aveva pensato all’amore, incontra un ragazzo più giovane di lei di quattro anni: “Lui invece era uno strambo le cui idee e i comportamenti suscitavano derisione”.

Tra i due sboccia una passione che interessa tutte le componenti della loro esistenza: la fisicità, l’ingegno, il lavoro e l’amicizia.

Dalla loro unione nascono tre figli, ma la coppia ad un certo punto si spezza. Lui continua il suo percorso mentre lei deve raccogliere i cocci ed intraprendere una nuova esistenza. Si tratta di una storia che praticamente può essersi verificata molte e molte volte, ma non è la stessa cosa quando coinvolge due persone come il premio Nobel per la fisica Albert Einstein e Mileva Marić.

Mileva ha sempre accompagnato il marito nelle fasi di studio, ha condiviso con lui prove e scoperte nei campi della matematica e della fisica, mentre lei è rimasta indietro, dopo aver perduto una figlia e la possibilità di completare gli studi che fino a quel momento erano stati preclusi ad una donna. Ma è il tradimento che imprime il dolore più forte nell’animo di Mileva e non si tratta solo di un tradimento sentimentale. Einstein divenuto “adulto” ha successo con le donne e sfrutta questa condizione, ne trae vantaggio per i suoi scopi. Quello che sperimenta Mileva da parte di Albert Einstein è anche un’infedeltà morale. Lui cancella la moglie anche dal suo passato, fa tabula rasa, non scrive una riga di ringraziamento per la donna che ha vegliato con lui durante le notti per scrivere articoli e per risolvere problemi matematici. Quello che Einstein le “tributa” è una completa indifferenza che denota il fatto che lui non si è nemmeno accorto delle premure e della deferenza costanti della donna.

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Per allontanarla, Einstein, coinvolto in un nuovo amore, le pone delle condizioni oltraggiose che non si possono imporre neppure ad una schiava, ad esempio: [pagina 6] “rinuncerai a qualsiasi rapporto personale con me se non in quanto sia strettamente necessario per ragioni sociali. In particolare, rinuncerai che io stia a casa con te; che io esca o viaggi con te. Ti atterrai ai seguenti punti nei tuoi rapporti con me: non ti aspetterai nessuna intimità da me, e nemmeno mi rimprovererai in alcun modo; smetterai di parlarmi se te lo richiederò; uscirai immediatamente dalla mia camera da letto o dallo studio senza protestare se te lo chiederò. Non cercherai di sminuirmi davanti ai nostri figli, né con le parole, né con il tuo comportamento.

Queste sono alcune delle condizioni per non divorziare che Einstein le comunica in una lettera fattale recapitare da un suo collega di lavoro, visto che non osava consegnargliela personalmente, brevi manu.

In un primo momento Mileva non sa se accettare, probabilmente nel suo animo si dibatte una lotta che si svolge nella duplicità di significato del termine: rispetto di se stessa. Una faccia della sua autostima le ordina di restare accanto al marito perché, andandosene, azzererebbe la sua attività, il suo genio personale, gli studi compiuti quasi fino alla fine, sino all’ultimo gradino che purtroppo non è riuscita a superare. L’umiliazione che le viene da Einsten coinvolge però anche un rispetto come essere umano: non si può trattare una creatura come è stata trattata lei, imponendo quelle condizioni. Mileva alla fine se ne va a malincuore ad abitare in Svizzera. Il marito più o meno la manterrà economicamente e devolverà alla famiglia il premio Nobel come era pattuito negli accordi, ma non avrà un attimo di empatia verso quella donna che aveva fatto tanto per lui e che l’ha tanto ammirato per tutta la vita. Crudelmente si può affermare: “di Mileva Einstein non se n’era neanche accorto”. Lo scienziato, anche quando sono sposati, non si rende nemmeno conto che Mileva, indipendentemente dalla zoppia, è costituzionalmente fragile e nella sua debolezza non può sopportare l’abbandono e la successiva morte della primogenita.

In seguito, dopo la burrascosa fine del matrimonio, la fragilità della donna aumenta e Einstein non capisce neppure che Mileva, da sola, non è abbastanza forte per occuparsi fisicamente, senza rimanere schiacciata, della cura dei figli, soprattutto di quello schizofrenico. Sono prove che uccidono qualsiasi essere umano, ma alle quali Mileva non si sottrae nemmeno per un attimo.

Il romanzo, edito nella collana Estensioni (Voci dell’Est Europa) da Bottega Errante Edizioni con il sostegno finanziario del Ministero della Cultura della Repubblica di Croazia, è stato tradotto in italiano da Estera Mioĉić. Il libro, sullo sfondo delle terribili vicende della prima guerra mondiale e dell’agghiacciante dopoguerra, è una ricostruzione storicamente e biograficamente attendibile operata dalla scrittrice croata Slavenka Drakulić ed è basata sulle lettere scambiate tra i due coniugi negli anni che vanno dal 1914 al 1933 e altri documenti dell’epoca. Il romanzo presenta una narrazione in terza persona che indulge spesso al discorso indiretto libero e riporta i pensieri di Mileva. La focalizzazione e il punto di vista del romanzo sono incentrati sulla donna.

A difesa del premio Nobel Einstein possiamo però rilevare che lo scienziato, obbligando Mileva a trasferirsi lontano da lui (nelle sue precedenti intenzioni sempre in Germania), ha spinto la donna a spostarsi per ragioni affettive in Svizzera, salvando così i figli di razza ebraica (Hans Albert e Eduard) dalla tragedia della Shoah.

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