Di Marilù Oliva
Niente, non ce la possiamo fare. Ogni volta si ricomincia da capo. E ogni volta capita che noi, noi donne, facendolo notare, veniamo accusate di essere un po’ troppo pignole o un po’ troppo fissate: ci disturba il fatto di essere ignorate, di essere escluse. Ma guarda un po’.
Sulla Settimana Enigmistica (rivista che compro, d’estate, da quando ero bambina, e che da sempre, nel mio immaginario, associo alla spiaggia) del 13 giugno 2019, il gioco delle domande 5178 verteva sul tema GIALLI ITALIANI: qui sono state poste una serie di domande, anche molto interessanti, attorno a personaggi e libri firmati da giallisti italiani. Nulla da eccepire in merito alla qualità dei quiz che hanno chiamato in causa scrittori molto amati da me e da tutto lo staff di Libroguerriero, come i bravissimi Manzini o de Giovanni. La questione è un’altra. Tra le domande poste non ve ne era nemmeno una (UNA) che riguardasse un romanzo scritto da una donna.
Eppure noi gialliste italiane siamo in tante, anche se in alcuni luoghi fanno di tutto per oscurarci. Anche se nelle antologie scolastiche non esistiamo, per esempio. Anche se statisticamente, fino ad oggi, nei premi polizieschi abbiamo vinto in percentuale irrisoria. Anche se nelle conferenze c’è ancora qualcuno che tende a relegarci nell’odiosa sezione “giallo al femminile” o “crime in rosa”.
E abbiamo pubblicato con editori nazionali, editori importanti. Non che i piccoli editori siano da meno, no. Ma se il discrimine del cruciverba era la portata nazionale della casa editrice, nemmeno questa poteva essere una scusa sufficiente. A parte io, Marilù Oliva (HarperCollins), che sto scrivendo questo post, ci sono, per citarne solo alcune: Gabriella Genisi (Rizzoli), Rosa Teruzzi (Sonzogno), Susanna Raule (Salani), Grazia Verasani (Feltrinelli), Cristina Cassar Scalia e Mariolina Venezia (Einaudi), Alessia Gazzola e Ilaria Tuti (Longanesi), Barbara Baraldi (Giunti), Piera Carlomagno e Cristina Rava (Rizzoli), Danila Comastri Montanari, Francesca Bertuzzi e Sara Bilotti (Mondadori), senza contare le gialliste (tantissime e alcune molto, molto brave) che hanno pubblicato con editori più piccoli. Del resto questo non è un articolo sulla totalità delle autrici di crime, quindi non ha pretese di essere esaustivo (mi scuso tuttavia con chi non è qui nominata), piuttosto è una piccola denuncia su un’ingiustizia ricorrente che si ripete ogni volta come se nulla fosse.
Cos’è successo, quindi, a chi ha redatto le domande?
Io non credo che l’autore abbia deciso di escluderci a tavolino. Credo piuttosto che lo abbia scritto per colpa di una mentalità pervasiva (che riguarda tutti noi) che tende a svalutarci a in maniera sotterranea.
È lo stesso spirito con cui gli scrittori di saggistica non ci contemplano nelle antologie scolastiche (gialliste italiane nelle antologie? Scherziamo? Solo quelle straniere o quelle italiane vanno bene se rigorosamente decedute), ad esempio, o con cui alcuni lettori ammettono candidamente, spesso senza aggiungere motivazioni valide, di non leggere le donne. (Forse l’autore del gioco 5178 non legge le donne?)
Un suggerimento ai redattori della Settimana Enigmistica.
Si può sbagliare, lo capiamo.
Vi chiediamo una cosa: non cercate di rimediare con un nuovo gioco intitolato “GIALLO in ROSA” dedicato esclusivamente alle autrici, sarebbe un modo ulteriore per discriminarci. A noi in realtà basta poco, ma quel poco sembra così difficile da ottenere: ci basterebbe, la prossima volta, essere prese in considerazione alla pari assieme ai nostri colleghi.
Grazie.
Concordo pienamente. Grazie per avermi segnalato autrici che non conosco mentre, da aprte mia e a proposito di autrici di ottimo livello che pubblicano (anche) con case editrici decisamente minori, ti segnalo (l’ho già fatto nei miei post: Valeria Corciolani e Alessandra Carnevali.