RubriCate: “LE SPOSE SEPOLTE” di Marilù Oliva, HarperCollins

Ogni scrittore ha delle ferite pulsanti, che cerca di lenire con accurate, ripetute indagini anamnestiche e ipotesi di cura. Possono essere traumi personali o questioni di ordine generale, universali (categoria, quella dell’universalità, che accomuna le opere d’arte).

La lacerazione che Marilù Oliva tenta di ricomporre nei suoi incantevoli libri è quella del femminile violato, offeso, rimosso con l’uccisione e di nuovo oltraggiato a morte dall’oblio.

Chi conosce la sua produzione sa che il fil rouge che l’attraversa tutta come un ricamo riparatore, accorato, compassionevole, di denuncia e riscatto, è proprio il tentativo di raccontare e rendere indelebili nella memoria e nella coscienza collettive le vicende delle vittime di violenza, assurte per qualche giorno alla ribalta delle cronache, e poi tumulate in un’indifferenza offensiva quasi quanto il fatto che tanti carnefici restino impuniti.

Anche per questa ragione, qualche anno fa, la scrittrice bolognese ha curato un’antologia sul femminicidio, “Nessuna più”, i cui proventi furono donati al Telefono Rosa. Intento dei femminicidi, gli assassini delle donne che asseriscono di amare, è infatti quello della cancellazione dell’identità delle vittime, del loro nome, del loro volto (spesso bersaglio dei colpi mortali). Talvolta, a suggellare questa nullificazione, dopo l’eliminazione fisica delle compagne, questi mostri procedono a occultare le spoglie.

Disseppellire, metaforicamente, le vittime, divelte dalla vita e sottratte all’affetto dei cari, è uno degli imperativi etici di certa scrittura. Un imperativo a cui Marilù Oliva  (nella foto sotto) ottempera, dando alla luce un romanzo “Le spose sepolte”, HarperCollins, che è forse la trasposizione narrativa più agile, suggestiva e completa di tutte le tematiche succitate. Un libro dedicato alle scomparse che si sanno (senza prove) tolte di mezzo dai compagni, ma anche alle bambine e alle ragazze rapite e ingoiate in un omertoso, inespugnabile silenzio e mai più ritrovate.

La storia è ambientata a Monterocca, una cittadina immaginaria sull’Appennino emiliano che, descritta con una prosa sapida, vivida, avvolgente, ha qualcosa dei paesi della grande narrativa sudamericana. Un posto fiabesco, la cui geografia, calanchi frastagliati da una parte, verdi declivi collinari dall’altra, un lago di adamantina trasparenza (metafora forse del rispecchiamento e di una rinascita amniotica), boschi e una costellazione di orti tutt’attorno all’abitato, è rappresentativa dell’animo umano segnato da esiti cicatriziali ma lussureggiante e in armonia dinamica con tutte le sue parti. Una porta sorvegliata immette nel paese, diviso in due da un lungo viale e percorribile a piedi o in bicicletta. Il comune, in massima parte autosufficiente sul fronte economico, è governato da una giunta quasi interamente femminile. Deliberatamente governato dalle quote rosa, tanto da essere soprannominato “La Città delle donne”.

Eh già, perché Monterocca è un esperimento sociale che obbedisce all’imperativo di verificare cosa accadrebbe se il potere fosse gestito dalle donne. E la risposta pare essere: un netto miglioramento della qualità della vita!

La sindaca, Adele, amministra coadiuvata da una giunta di assessore appassionate ed esperte dei settori che gestiscono. Nulla è lasciato all’improvvisazione. Persino la ricerca scientifica è demandata al locale Centro Studi Rita, diretto da una scienziata di vaglia e bellezza conturbante. Ogni dettaglio, nella convivenza armoniosa dei residenti, costantemente alle prese con un disciplinato flusso di turisti ammirati, è soggetto a un benevolo controllo che non esita a dare i suoi frutti. La criminalità è assente. Non si verificano casi di violenza sulle donne.

Poiché obiettivo della prima cittadina e collaboratrici è il benessere e non il profitto, la tendenza nel condurre tutte le faccende che riguardino la collettività ha una spiccata matrice ecologista. La medicina tradizionale è affiancata dall’erboristeria, l’inquinamento è rintuzzato con ogni mezzo, alle attività manifatturiere è abbinata la coltivazione degli orti cittadini, persino la ricerca mira a perfezionare un anestetico poco controllabile, il Penthotal-21, modificandone la chimica sintetica con sostanze estrapolate da principi vegetali.

Tutto parrebbe andare nel migliore dei modi, eppure, quasi a rimare con il contrasto tra l’artificiale purezza del lago Duse e la soffocante penombra dei boschi circostanti, è proprio nella ridente e pacificata Città delle donne che si nasconde l’assassino dei mariti delle spose sepolte. Un implacabile serial killer che cattura gli uxoricidi, li droga per estorcere loro la confessione e l’ubicazione delle ossa delle uccise, e infine li giustizia infierendo atrocemente sui corpi.

A condurre la polizia giudiziaria a Monterocca sono le tracce di Pentothal-21, sintetizzato esclusivamente nel Centro Studi Rita, rinvenute nel sangue degli uxoricidi sgozzati. Il team investigativo è costituito dal commissario Elio Maccagnini, belloccio, fedifrago, ma scaltro e decisionista; dal sovrintendente Antonio Iacobacci, che mal sopporta di essere subordinato all’ispettore capo Micol Medici, una donna! e da quest’ultima, amabile e complessa protagonista, si spera, anche di inchieste future!

L’ispettore Medici è appunto il fulcro della storia. Un’eroina poco appariscente ma di grande e sommessa bellezza e infallibili doti investigative, penalizzata, dalle prime battute dell’inchiesta, proprio dall’essere una ragazza in un contesto, quello della polizia giudiziaria, che non contempla neppure il femminile della sua qualifica.

Mente razionale con una spiccata propensione alla logica e alla matematica, dotata di intuito e profonda umanità, Micol inquadra subito il profilo dell’assassino, che i lettori sanno essere una donna, avvantaggiati dalla struttura particolare del romanzo, in cui si alternano la voce della killer e quella del narratore onnisciente.

Le spose sepolte” è dunque, nella sua ima struttura, un libro sul femminile declinato in tutte le accezioni, positive e negative, prescelto come prospettiva di indagine di temi universali quali il male, la genitorialità, la figliolanza e gli affetti disfunzionali e lesivi. Quel calderone emozionale che le sovrastrutture tentano, riuscendoci in parte, di disciplinare, ma che conserva un ineliminabile residuo di ingestibilità.

Un romanzo femminista coraggioso e onesto, capace di puntare il dito contro il femminile colluso con il maschile abusante, ma anche di compassione per le vittime, come l’omicida dei killer delle spose sepolte e la sua psicotica smania di giustiziare i rei non confessi e soprattutto di restituire ai figli, privati dell’affetto delle madri, almeno le spoglie di queste ultime.

La maternità, scandagliata nelle zone d’ombra, pare essere una delle piste interpretative di questo ipnotico thriller. Così come il suo corrispettivo, la filialità interrotta, violata, disturbata. E tutta la messe di legami surrogati e sostitutivi, sghembi e tenaci che possono germogliare nel chiuso delle case, spesso teatro di abusi e violenza assistita.

Micol stessa in un certo senso subisce la propria petulante, egocentrica e poco empatica mamma.

Confliggono, pur amandosi, la carismatica Circassa, l’erborista di Monterocca dagli occhi da lupa enfatizzati con matita dorata e la figlia Cecilia, guardia ecologica, sofferente a causa di un amore impossibile.

Aleggiano muti i fantasmi delle madri sepolte, nelle case governate dalle loro sostitute e vibranti dello sconcerto degli orfani.

Madre adottiva e amorevole è la carabiniera Giovanna Geremicca. Madre protettiva e battagliera Juana Dominquez, luogotente dei carabinieri dal misterioso passato.

In questa rete di relazioni parentali più o meno smagliate si insinuano le relazioni sentimentali con le loro zoppie, le insufficienze, le omissioni e talvolta gli esiti felici.

In un simile contesto, così umano, duettano salute e follia, legalità e psicotica tensione alla giustizia, empatia e spietatezza, rassegnazione malinconica e gelosia patologica, rispettivamente rappresentate dall’ispettore capo Micol Medici e dall’inafferrabile killer.

Per quest’ultimo, nell’età dell’infanzia, i lettori proveranno una profonda compassione, indignati dalle violenze dissimulate e camuffate da gioco che subisce. I lettori, spettatori invisibili, si domanderanno quale delle abitanti di Monterocca sia l’assassino.

Forse la sindaca Adele, animata da un livore eccessivo e sospetto per il proprio avversario politico?

O suo figlio, la Rockstar?

O un altro dei tanti uomini che abitano nel comune?

O la Vicesindaca Milvia, scrittrice di nicchia dai capelli viola, apparentemente appagata, dopo lunga solitudine, da un amore tardivo?

O la temibile Circassa dagli occhi lupeschi?

Oppure la receptionist dalla condotta sessuale disinvolta che però cova una rabbiosa frustrazione sentimentale?

Che si tratti della bella guardia ecologica, errabonda sui roller e addolorata dall’ignavia sentimentale del suo amante?

O addirittura di una delle due carabiniere?

Perché a Monterocca nessuno è esattamente come appare, e tutti hanno dei segreti.

Toccherà a Micol a al suo talento da mosaicista nella ricostruizione dei fatti, ricomporre la verità con l’ausilio dei pittini, fogli coperti di scrupolose annotazioni su tutti gli indiziati.

Un romanzo, “Le spose sepolte” intessuto dalla penna sicura di un’autrice di grande talento e indiscusso mestiere. Caratterizzato da una lingua piena, rotonda, cromatica capace di dettagliare e restituire intatta, al lettore, la bellezza di una vita che andrebbe assaporata e difesa. Fiabesche e luminose le descrizioni della natura, memorabile la caratterizzazione dei personaggi.

Di grande impatto l’incipit, che pare un uscio spalancato sul passato della killer. Un romanzo nel romanzo, quest’ultimo, scritto in un corsivo che nell’inclinazione sghemba delle lettere contribuisce a instillare nel lettore una lieve vertigine e un coinvolgimento emotivo assoluto, e talora la tentazione di saltare il resoconto della contemporaneità per tuffarsi magicamente nell’antefatto, prendere in braccio la vittima degli abusi e portarla in salvo.

Caterina Falconi

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4 risposte a RubriCate: “LE SPOSE SEPOLTE” di Marilù Oliva, HarperCollins

  1. Ned ha detto:

    gli uomini che compiono femminicidio di solito non lo fanno perchè hanno un’amante ma perchè sono ossessionati dal possesso. Comunque lo sto leggendo ed è un bel romanzo

  2. patrizia debicke ha detto:

    Bacio a tutte e due, brava Caterina

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