di Raffaella Tamba
Una scrittura limpida, scorrevole, versatile: capace di adattarsi alla sua storia, piegandosi al dolore dei personaggi maschili, allo struggimento della protagonista femminile, seguendoli come una linea di contorno che ne tratteggia le forme e ne tiene insieme i destini.
Difficile vedere un solo protagonista; piuttosto si può ritenere tale l’ideologia vittoriana di una classe sociale ormai consunta e decadente, che si aggrappa formalmente ad un puritanesimo che non è più in grado di sostenere nei fatti.
Inghilterra e India sono le ambientazioni del romanzo: potenza dominante ed ex colonia unite, al di là dei vincoli politico-amministrativi, da singoli fili più sottili ma resistenti che rappresentano vicende umane individuali, passioni, tradimenti, delitti, vergogne, rimorsi. Nomi inglesi e nomi indiani si alternano sulla scena in un progressivo rivelarsi di intrecci insospettabili che hanno incrociato e marchiato le vite di personaggi tanto, troppo lontani per cultura e per condizione sociale.
La storia prende avvio dalla richiesta che un’anziana contessa dell’antico casato di Lennox, rivolge all’avvocato William Montcliff, perché le ritrovi il nipote che nove anni prima, all’età di quattro anni, era stato venduto dallo zio, forse col suo consenso, o comunque, senza che lei vi si fosse opposta apertamente. Quel bambino, che la figlia aveva avuto con un indiano sconosciuto, rifiutando il partito matrimoniale deciso per lei dalla madre, era frutto di una colpa e di una vergogna e come tale doveva essere ripudiato. Ma il destino di quel bambino fu oltremodo atroce e, forse proprio perché colpa e vergogna dell’uomo che abusò di lui per anni superarono di gran lunga quelle della madre, l’anziana contessa decise alla fine di farlo cercare e prenderlo con sé per compensare, se era possibile, almeno una parte del male che gli era stata fatta.
L’avvocato, che ha un figlio della stessa età, accetta l’incarico e si reca in India, nella casa appartenuta alla stessa famiglia, quando vi risiedeva per incarichi politici. Proprio il figlio di sir William, Robert, diventa inconsapevolmente l’esca che attira come una calamita, il coetaneo disperso, Kiran. Un destino uguale ed opposto li unisce: all’età di quattro anni hanno entrambi perso la madre profondamente amata, una per aver contratto la malattia dalla quale ha curato e salvato il figlio, l’altra per essersi uccisa dopo che il figlio le era stato portato via. Entrambi sono cresciuti così nel senso di colpa che li ha scavati dentro, formandoli in modo diverso: Robert, goffo, debole, incapace di valorizzarsi e Kiran, forte, agile e coraggioso. L’incontro fra i due avviene su una linea di orizzonte, quando il giorno e la sera si incontrano e le ombre si allungano. Su quell’orizzonte una figura con una spada in mano si allena in una sorta di danza mistica e Robert ne è conquistato. Da quel momento Kiran è per Robert il ragazzo ombra e l’espressione è emblematica per l’idea di ‘uguale ed opposto’ che suggerisce. I due ragazzi, provenienti dallo stesso ambiente, hanno attraversato esperienze completamente diverse, ma ne hanno entrambi riportato un angoscioso senso di solitudine ed un profondo bisogno di assoluzione totale e incondizionata.
Un’assoluzione che sir William non riesce a dare a Kiran, terrorizzato dalla minaccia che la bellezza matura e sofferta del giovane indiano, proprio per le terribili esperienze che ne hanno formato l’adolescenza, possa rappresentare per suo figlio: “conosceva il mondo meschino dell’aristocrazia britannica. Ne conosceva la morale ristretta, l’ipocrisia”, tanto che, incapace di aprirsi al bisogno del ragazzo, farà di tutto per tenerli lontani, anche a costo di perdere la fiducia e la confidenza del figlio.
Kiran non sentirà di ottenere assoluzione e comprensione neppure dalla nonna, la quale, pur accogliendolo, resta fredda e chiusa in se stessa, come ostile; tuttavia gli eventi proveranno che in realtà, indirettamente, ha fatto tutto quello che era in suo potere per restituire al giovane la sua dignità.
I due ragazzi, uno a Londra e l’altro a Edimburgo, non riescono a ritrovarsi, fino al giorno in cui, a causa della cieca ostinazione del padre ad anteporre pregiudizi scabrosi alla trasparente onestà emotiva del figlio, Robert ha un incidente terribile. L’autrice sembra poi ribaltare quell’accusa rivolta alla società di allora (e forse anche alla nostra?), sempre così pronta a scagliarsi violentemente contro ogni deviazione dal ‘normale’, pretendendo, in un’ottica superficialmente perbenistica, di sapere sempre e subito dove sia il bene e dove sia il male.
A conferma di quanto sia spesso lontano dalla realtà un giudizio dato su preconcetti formali, interverranno nella storia rivelazioni inaspettate e sconvolgenti che restituiranno al giovane indiano non una bensì più verità sul passato di sua madre, di suo padre, dello zio e della nonna. È un vortice di passioni impossibili ed errori imperdonabili che lasciano il lettore con un misto di disgusto e pietà per una mentalità prigioniera di se stessa.
interessante