di Maria Teresa Valle
Cara Marilù e care tutte voi che avete a cuore la nostra vita, la nostra realizzazione, di noi donne, intendo.
Il 2017 sta per finire e si conclude anche il mio settantesimo anno. È tempo di tirare le somme, l’occasione di fare qualche riflessione.
Ho voglia di fare outing. Non spaventatevi, nulla di quello che questa parola sottintende nell’attualità. Non ho problemi di genere, cioè, ho ben chiaro il genere a cui appartengo, ma, naturalmente problemi di genere ne ho. Lo so è un discorso contorto, ma più avanti capirete.
Quando ero piccola avrei voluto essere un maschio perché pensavo che sarei stata più libera. Oggi sono contenta di essere una donna, ma ci sono ancora tante cose che devo capire.
Per esempio il motivo per cui una donna, e potrei citare migliaia di esempi, nel mondo dell’arte, della politica, dell’economia, si senta gratificata nel dimostrare amore al proprio compagno al punto da sacrificare se stessa per favorirne la carriera, il successo, oppure solo una vita più comoda, è uno dei misteri a cui non riesco a dare una spiegazione. (I casi al contrario si potrebbero contare sulle dita di una mano.)
Eppure guardate che mi sono applicata, e molto. E sapete cosa ho scoperto?
Io che sono nata in una famiglia tradizionale, dove la mamma casalinga aveva fatto solo la quinta elementare, il papà artigiano la terza media, io che mi sono laureata, ho lavorato fino a diventare dirigente in un ospedale pubblico, ho allevato due figli, io che pensavo di essere una donna emancipata, libera, ho scoperto di poter scrivere solo quando tutti quelli che credevo fossero miei doveri sono finalmente finiti. E anche ora sono assalita dai sensi di colpa se non riesco a preparare ai nipoti il loro piatto preferito. Ecco dove parte l’outing. Cosa voglio dire? Che sono e sono stata vittima dei miei stessi pregiudizi e condizionamenti! Altro che donna emancipata!
Non ci credete? Allora spiegatemi perché solo a un certo punto della mia vita ho sentito il bisogno di scrivere. Forse è stata una folgorazione sulla via di Damasco? Assolutamente no. La passione c’era. C’è sempre stata, ma il mio subconscio la teneva a bada. Ferma, congelata, sepolta sotto secoli di condizionamenti. Quando i lettori mi chiedono perché io abbia cominciato a scrivere così tardi io rispondo con una battuta che ho confezionato a hoc: “avrei cominciato prima se avessi avuto a casa una moglie”. Si tratta di un modo sbrigativo per spiegare qualcosa di inspiegabile. Li fa ridere e forse contiene un po’ di verità, ma non tutta.
Ora guardandomi dentro con sincerità, quasi con crudeltà, so che se fossi riuscita a scrollarmi di dosso quei pregiudizi che mi hanno impedito di scrivere con più libertà, certamente non sarei diventata una candidata al premio Nobel. Sono abbastanza realista e conscia dei miei mezzi, ma avrei potuto giocarmela.
E così tante, tante donne come me.
Ora so che ho ancora tanta strada da fare e spero di avere ancora forza e voglia di combattere.
Lasciate che vi dica, soprattutto alle più giovani, non fate morire i vostri sogni. Le difficoltà e i pregiudizi che incontrerete all’esterno saranno i più facili da combattere. La vera difficoltà sarà vincere quelli che stanno dentro di voi
Auguri a Maria Teresa e a tutte noi
È vero. È vero. È vero.
Un giorno dissi al mio fidanzato di allora ed attuale ex marito: “non avrò figli, i miei figli saranno di carta”. Lui non mi ha creduta. Ma io ho tenuto fede. Sono una donna che oggi ha una relazione, un lavoro considerato prestigioso, una madre anziana e sempre più fragile e difficile di cui avere cura, e la scrittura. L’ordine di elenco dovrebbe essere inverso. Io vivo per scrivere. Io penso storie in ogni momento della mia vita. Ma la vita è orchestrata in modo che debba sentirmi in colpa per ogni volta che mi prendo il mio tempo. Ed è il MIO! Se fossi stata un maschio non avrei avuto meno impegni, probabilmente, ma di sicuro avrei vissuto come mio specifico diritto gestire la mia passione e viverla senza alcun ostacolo.