Recensione di Patrizia Debicke
Alle cinque e trentasette del 15 gennaio del 1875 un venditore ambulante di verdura, mentre risaliva Paradise Road con il suo carretto per recarsi al mercato, aguzzando la vista per orientarsi nella nebbia e nel buio, scoprì, uno dopo l’altro, i corpi esanimi di dodici persone. Al suo incontenibile grido di orrore fecero presto eco quelli degli abitanti del quartiere che si risvegliava.
Paradise Road era una via fatta di tante decorose casette a schiera di Islington, un sobborgo alla periferia di Londra. Le dodici vittime: tre uomini, tra i quali il poliziotto del quartiere, tre donne e sei bambini erano tutti morti improvvisamente durante la notte e, secondo la diagnosi ufficiale, per un’inspiegabile e contemporaneo arresto cardiaco.
Apparentemente quindi per cause naturali perché né il medico legale, né Scotland Yard, né le lunghe e successive indagini scientifiche riuscirono mai ad appurare un’altra causa per quella piccola ecatombe…
Soltanto alcuni decenni dopo salta fuori l’unico documento – parte di una relazione scientifica tra colleghi psichiatri – che spiega finalmente la verità su quell’incredibile caso, con in veste di protagonista Lionel Morpher, un tranquillo bibliotecario, un esemplare impiegato di 2° livello all’Ufficio Brevetti, scioccato dalla scelta della spinta emotiva di sua moglie Alphonsine, caduta nella trappola di un’insopprimibile passione per la poesia.
In una Londra grigia, nebbiosa e densa di mistero, il povero Lionel si imbarcherà in un’impossibile impresa tesa a salvare la moglie dalla sua “follia”, sfidando con incoscienza il pericoloso esoterismo di un nuovo mondo, fatto di inimmaginabili scoperte scientifiche che potrebbero preannunciare la prossima era moderna. Ma il congegno che dovrebbe permettere a Morpher di combattere quella tenera “follia di Alphonsine” si rivelerà solo letale. E alla fine, le vittime innocenti, morte di morte “naturale” saranno anche di più.
Con sapore antico, ricostruito da una forbita corrispondenza tra medici, l’autore da l’avvio alla trama del suo giallo noir dalle tinte vittoriane, che si avvale di una narrazione tutta al presente ma con toni squisitamente ottocenteschi.
Il risultato funziona e offre al lettore un romanzo imprevedibile ma interessante, che rende un doveroso e riguardoso omaggio alla grande letteratura dell’arcano e alle intriganti atmosfere di autori quali Wilkie Collins e R.L. Stevenson.
Per meglio definire ll mistero di Paradise Road, azzarderei l’ipotesi che sia un classico esempio di letteratura fantastico horror dai risvolti inquietanti.
Sicuramente un particolare testo in cui il noir si trasforma nello scenario per una riflessione sulla vita, sull’amore e sul potere distruttivo che l’immaginazione foriera di passioni può riuscire a scatenare nel cuore e nella mente dell’uomo. Nulla e nessuno possono bloccare gli ingranaggi della macchina quando è stata avviata.
La presentazione editoriale del romanzo infatti si chiude con la frase:
«Il suo nome è Lionel Morpher, e questa è la risposta alla vostra domanda. Questa è la sua storia. E la storia della più terrificante invenzione mai concepita da una mente umana».
Pietro De Angelis
È nato nel 1973 ad Ascoli Piceno. Dopo gli studi in filosofia, ha frequentato la Scuola Holden a Torino e il Corso per sceneggiatori Script/Rai a Roma. Nel 2006 ha pubblicato il manuale di scrittura creativa Il mondo narrativo. Come costruire e come presentare gli ambienti e i personaggi di una storia (Lindau). Sotto pseudonimo, ha esordito con il romanzo Primi riti del dolce sonno (Zandegù, 2006) e ha curato la raccolta collettiva di racconti The Sleepers. Racconti tra sogno e veglia (Azimut, 2008). Il mistero di Paradise Roaad è il suo secondo romanzo.
Super
dalla recensione…un libro d leggere assolutamente!