On Brunswick Ground di Catherine de Saint Phalle

Articolo di Piera Carroli

Come tanti altri australiani, anch’io avevo seguito nei media l’orribile vicenda della morte violenta della giornalista irlandese Jill Meagher nel 2012 a Brunswick, un quartiere nel centro di Melbourne. Anch’io avevo sperato che questa bella e intelligente giornalista dell’ABC venisse trovata viva, doveva sposarsi a breve, era forte, dinamica, simpatica, non era possibile che venisse uccisa così, in pieno centro, dopo una festa, a due passi da casa, dove l’aspettava il fidanzato. E invece….

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Prendendo spunto da questo inenarrabile stupro e omicidio, l’autore, tramite una voce che rimane anonima, racconta la storia di altre donne che vivono a Brunswick e del loro inestricabile rapporto con la morte e la sofferenza.

“Violence against women doesn’t just start. It grows”. Ecco il titolo della campagna contro il femminicidio (Australia.gov.au/respect). In Australia, 1 donna viene uccisa ogni settimana dal partner attuale o passato. 1 donna su 3 è stata vittima di violenza fisica o sessuale dall’età di 15 anni, sempre conoscenti, amici o parenti. “Let’s stop it!”

A Brunswick abita anche lei, dal 2003. Catherine de Saint Phalle (nella foto), francese trapiantata in Australia, lavora come insegnante di francese e cura una galleria d’arte. Ha già pubblicato cinque romanzi in Francia.

Meritatissimo il successo critico dell’ultimo romanzo scritto in inglese, On Brunswick ground , definito da Helen Garner, una delle principali autrici ‘dure’ australiane, “a fresh and sparkling book that strikes many deep notes as it flows along”.

La voce narrante femminile vaga per Brunswick per non sentire la mancanza di Jack (Non sappiamo fino a meta’ libro chi sia esattamente, dove sia, né perché non siano più insieme; sappiamo solo che questa assenza la annienta). in un bar incontra Bernice, famosa presentatrice radiofonica single, sulla trentina, che contempla l’inseminazione artificiale. La protagonista narrante trova lavoro come giardiniera, con Mitali, e scopre poi che lei, a seguito di un lutto irrisolto, attrae altre morti. In seguito diventa anche amica di Sarah la proprietaria del bar e sua figlia Mary che si è convertita all’Islam e porta il Burqa, per ragioni che nessuno capisce e che verranno rivelate solo alla fine.

L’originalità del romanzo deriva dal legame con il fatto di cronaca e l’esperienza personale delle voci narranti: tutte toccate dalla catastrofe, dalla morte e dalla sofferenza e Perdita , in corrispondenza con l’amore – di vari tipi.

Il riferimento all’incipit di McEwan Enduring Love diventa una specie di leit motiv nel romanzo – il disastro è in agguato:

We walk and walk… the blue fields of sky are tumbling into a patchwork of intertwining hills. Somehow it reminds me of Ian McEwan’s Enduring Love with its terrible balloon, floating off – something disastrous could happen any minute. There is no emotion anywhere: the air is sucked out of the landscape and only helium remains. Everything is high on helium, the trees, the grass, the odd wombat, the odd wallaby, and the two women, Sarah and I. I breathe in disaster, as I didn’t when we were walking by the creek and were really in danger. [..] Instead of bronze statues of strutting conquerors, absence is celebrated in Australia’s cities. This is the land of disappearance and oblivion […] setting off and vanishing, of heroes never to return.

E’ proprio vero che eroina non è il femminile di eroe, le protagoniste di questo romanzo.

E gli ‘eroi’ tornano ma o non sono eroi o sono uomini dolci e protettivi, come contrappunto all’omicida di Jill Meagher.

La bravura di de Saint Phalle sta nell’equilibrare l’atmosfera ‘nera’, di incombente disastro, con la leggerezza della scrittura, per rappresentare i meandri dei personaggi femminili e della voce narrante, le descrizioni degli ambienti di Brunswick, pubblici: i pub, i vicoli. E privati: le case, i Giardini, il deserto… e le assenze, di un partner, di una figlia, di un figlio non ancora concepito…

Se vogliamo proprio cercare il pelo nell’uovo, forse meno insistenza su certe metafore avrebbe reso la narrazione meno lenta e più forte.

L’innominata voce narrante, il filo rosso che collega gli altri personaggi, pare filare lentissimamente una trama futura più serena attraverso piccoli atti quotidiani che rendono più forti i rapporti tra queste donne ‘perse’ in un modo o nell’altro. E anche gli uomini ne escono imperfetti, ma non insensibili alla fine. Non tutti.

 

 

 

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Una risposta a On Brunswick Ground di Catherine de Saint Phalle

  1. Patrizia Debicke ha detto:

    Grazie

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