di Marilù Oliva
Perché si celebra l’8 marzo? Non c’entra alcun rogo e lo spieghiamo qui. Ma se davvero interessa l’8 marzo come data di riconoscimento del ruolo delle donne, bisognerebbe cominciare ad ammettere che uno svantaggio – sul piano professionale, sociale, di collettività – esiste. Bisognerebbe ammettere anche che…
Che non ha senso riempirci di mimose oggi e svalutarci gli altri giorni.
Che non ha senso essere galanti un giorno e ammazzarci gli altri 364.
Che è incoerente uscire con le amiche e fraternizzare stasera, ma non fare rete negli altri giorni e scannarci poi sempre col gioco feroce della competizione.
Che non ha senso, da parte del governo, concederci un giorno gratis ai musei e complicarci la possibilità di andarci regolarmente. Come? Mantenendo il gender gap, una disoccupazione femminile dilagante, servizi per la famiglia poco accessibili (nidi e asili colmi o costosi, per esempio).
Che se un’azienda telefonica ci fa gli auguri oggi fingendosi controcorrente e a favore del gentil sesso, non dobbiamo dimenticare che di luoghi comuni le sue pubblicità ci infarciscono gli schermi, a partire dallo stereotipo del corpo delle donne, sempre così lontano dal nostro.
Che insomma, è utile ricordare che al mazzetto di mimose noi preferiremmo, parlando per metafore, un albero di mimose, qualcosa di solido. Un albero fatto di pari opportunità davvero realizzate, con solide radici, annaffiato regolarmente, posto nelle condizioni migliori di fiorire e rispettato. Allora forse sì le cose cambierebbero e avrebbe senso questa celebrazione.
365 giorni di normale uguaglianza!a prestopatrizia