Vivo in una comunità privilegiata, fatta di lettori o comunque di gente attenta alle novità letterarie. Divido il mio tempo tra il liceo in cui insegno (mattino) e i libri (pomeriggio e sera). Ma quando mi sposto da questa comunità, quando ho a che fare con quel mondo composto “più da scrittori che lettori”, per capirci, quel mondo che pensa che la cultura sia solo un piacevole, stravagante passatempo, cosa succede?
Ad esempio, se salta fuori che hai pubblicato un libro, in genere la risposta è una di quelle proposte qui sotto.
Precisando che si tratta di una statistica assolutamente personale, giungo al dunque. Su 10 interlocutori, in media, avviene che, quando ammetti di aver scritto un libro:
– Uno ti chiederà: “Ma un libro vero?”
(e tu ti morderai le labbra per non rispondere: “No. Un libro finto”)
– Un altro vorrà sapere dove si può acquistare.
(ma è solo per divagare: chiaramente i libri non si comprano in macelleria)
– Un terzo ti metterà al corrente del fatto che anche qualcuno di sua vicina/lontana conoscenza ha scritto qualcosa: un diario, una poesia, uno scarabocchio. E te lo riporterà con dovizia di particolari, annoiandoti a morte.
(tu assentirai pazientemente, tanto ci sei abituato)
– Un quarto farà finta di non averti sentito.
(questo accade soprattutto tra colleghi irrisolti d’ufficio, di scuola, d’azienda, etc: fatevene una ragione).
– Un quinto almeno domanderà: “Davvero?”, ma subito cambierà discorso.
(vedi quarto interlocutore)
– Un sesto indagherà su quanto hai speso per farti pubblicare.
(e tu ripeterai allo sfinimento che un libro vero non si paga: è l’editore che punta sul tuo lavoro. Magari non diventerai ricco, però almeno ci sarà stato un rimborso – anche piccolo – per il tuo sudore, il tuo investimento, la tua professionalità)
– Un settimo domanderà, con sfacciata ingenuità: “Me ne regali una copia?”
(e tu gli spiegherai, se hai voglia e tempo, che uno scrittore riceve dall’editore circa 8-10 copie omaggio e quelle gliele fanno fuori subito parenti/medici di famiglia/etc. Suvvia, ragazzi, smettiamola con questa fobia di spendere soldi per i libri: sapete quanto lavoro c’è dietro? Sapete – alcuni romanzi – quanto vi saranno fedeli, quanto vi soccorreranno, quanto moltiplicheranno la vostra vita? La cultura va sostenuta anche comprandoli, questi libri, anche perché – come ho scritto in un’altra occasione, “I libri sono l’anello di congiunzione tra la mente e l’infinito”: vale la pena di spendere anche quindici euro per un viaggio verso l’infinito, dai).
– Un altro sentenzierà che non legge libri italiani, si diletta solo di classici, rigorosamente scritti da maschi, magari etero.
(e tu, stavolta con un notevole sforzo, ti tratterrai dal dargli una craniata in fronte)
– Il penultimo ti chiederà di leggere il suo manoscritto, confondendo il tuo status di scrittore con quello di editor o agente
– Solo l’ultimo annuncerà che lo leggerà (e tu lo ringrazierai di cuore, per il tempo prezioso che ti dedicherà)
Purtroppo esiste anche la variante del tipo che dice: “Va bene, portamene una copia quando passo di qui.”
Certo, sono libraio e fattorino.
😉
P.S. scusa il refuso, ero su tablet
E quelli che ti dicono “ah sì! Beh io ho proprio una storia su cui bisognerebbe scrivere un libro, ‘spé che te la racconto”… e giù di antidepressivi.
certo. la storia più avvincente del secolo (magari la loro vita)! 😉
D’accordo!
ciao Patrizia!